I viaggi di GianMaria Testa

GianMaria Testa è una delle espressioni più alte della scena cantautorale contemporanea. In questi giorni è in uscita il suo nuovo disco, ‘Da questa parte del mare’.

 

Undici tracce impastate di profumi e disperazioni.

Da questa parte del mare stanno quelli come me, sta il privilegio di non dover partire, per loro ho scritto. Verso la disperazione di chi ogni giorno prova la traversata con qualunque mezzo, anche a costo della vita, non ho parole.

 

L’immagine presente lungo tutto il disco è quella della emigrazione. Come mai hai deciso di fare un “concept album” su questo tema?

Noi siamo nipoti di gente che è partita. Due generazioni soltanto e abbiamo dimenticato cosa vuol dire essere a casa d’altri a spalar carbone. Ho scritto per me, per impedirmi l’indifferenza.

 

Sei mai stato a Lampedusa o a Portopalo di Capo Passero, hai mai visto i luoghi dove arrivano i migranti nord africani?

Ho visto, nel 92, due africani buttati da un peschereccio su un gommone attraccato vicino a riva. Uno di loro è morto sulla spiaggia. Io ero lì in vacanza…

 

In “Il passo e l’incanto” scrivi (e canti) “e sono venuto qui tornando sul passo/sono venuto qui a ritrovar l’incanto”. Che importanza ha nella tua vita “il viaggio” e quanto conta il ritornare il luoghi che hai visitato e ritornare nel luogo di partenza.

Nella mia vita il viaggio è stato prima completamente immaginario, sono stato a lungo un “viaggiatore immobile”, adesso viaggio molto per la musica e torno sempre volentieri perché ho un posto dove mi aspettano e dove ho radici profonde. Ma in quella canzone chi torna sui suoi passi è qualcuno che cerca di ritrovare lo sguardo di una sconosciuta compagna di traversata. Gli occhi che gli hanno dato il coraggio di sopportarne il “delirio freddo”.

 

Tu per tanti anni sei stato un “migrante particolare”, sei stato forse ( purtroppo o per fortuna lo sei ancora) più apprezzato e conosciuto all’estero che in Italia. Com’è l’Italia e come sono gli italiani visti dall’estero, da lontano. E ancora come vedi l’Italia del dopo Berlusconi?

L’Italia è un paese amato per la sua bellezza, un paese desiderato. Ho conosciuto persone che senza avere alcun contatto diretto con l’Italia studiano la lingua italiana per il puro piacere di impararla. Certo che il berlusconismo non ha fatto una grande pubblicità agli italiani. In molti mi hanno chiesto: ma come avete fatto?. Per quanto riguarda questo “dopo” non mi faccio grandi illusioni, ma sono andato a votare perché mi sembrava comunque urgente il ritorno ad una qualche parvenza di democrazia.

 

Chiudiamo con un nome di un autore a cui ti piacerebbe essere accostato.

Siamo più o meno il risultato di ciò che abbiamo amato, letto, ascoltato. Tutto il nostro prima sta, digerito, in quello che amiamo, scriviamo, cantiamo adesso. Mi sono reso conto che nelle canzoni si poteva dire tutto ascoltando De Andrè quando avevo 14 anni. Lui mi ha fatto scoprire Cohen e Brassens. Tutti quelli che hanno scritto canzoni per dire una qualche verità, anche piccola, hanno attratto la mia attenzione e continuano a farlo.


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