I verbali della donna che ha ucciso il figlio di tre mesi «La mente era oscurata, l’ho gettato con forza a terra»

Il «buio», il «nervosismo» e un bambino di tre mesi che finisce a terra con violenza. Una mamma di 26 anni depressa che, secondo un’amica, con suo figlio non avrebbe avuto «un atteggiamento tranquillo». Evidente a causa dei «suoi modi bruschi». Il piccolo Lorenzo spesso sarebbe stato «tirato per un braccio» o «lasciato a piangere durante la notte». Delle volte il neonato non sarebbe stato nemmeno «cambiato e lavato». Una storia forse alimentata da un contesto di disagio sociale che si è conclusa nella maniera peggiore con l’uccisione del bambino. «L’ho lanciato a terra mentre ero nella stanza da letto. L’ho fatto con forza. Mi si è oscurata la mente, non ho visto più e non riesco nemmeno a spiegare cosa mi sia successo». Sono passate appena 24 ore dalla morte del bambino e la mamma si trova davanti ai magistrati della procura di Catania. Le sue parole sono una vera e propria confessione di cosa sarebbe avvenuto dentro all’abitazione in cui viveva la donna, finita in carcere su richiesta dei pm Ignazio Fonzo e Fabio Saponara. «Mi è venuto di lanciarlo per il nervosismo, lui non stava nemmeno piangendo ma io quel giorno non stavo proprio bene, avevo un forte mal di testa. Non ricordo perché l’ho lanciato ma non volevo ucciderlo», si legge nei verbali dell’inchiesta. 

Mi è venuto un momento buio e solo dopo mi sono detta “che ho fatto?”

Lorenzo morirà dopo l’inutile corsa al pronto soccorso dell’ospedale Cannizzaro e un ricovero d’urgenza all’unità di Rianimazione del Garibaldi-Nesima. La mamma in un primo momento negherà di averlo scaraventato contro il pavimento. Spiegando ai medici e ad alcuni familiari che il figlio si era fatto male cadendo accidentalmente dalle sue braccia, forse a causa di una spinta che lo stesso si era dato. Cinque minuti prima dell’omicidio a occuparsi del bambino era stata la nonna. Ed è proprio quest’ultima la prima a intervenire, entrando nella stanza da letto e notando il bambino immobile a terra e con il cranio gonfio. Grazie ai racconti dell’anziana i magistrati delineano i contorni del rapporto tra la mamma e il neonato. Spesso lanciato sul letto come un oggetto o strattonato con veemenza quando piangeva. «Sono rimasta in piedi sempre nello stesso punto mentre mia nonna era nel salone. Dopodiché mi è venuto quel momento di buio […] Quando mi sono ripresa e mi sono resa conto mi sono detta “che ho fatto?” e ho chiamato mia nonna gridando e dicendole che Lorenzo era caduto. Poi si è messa a gridare e mi ha detto “che hai fatto?” e io non le ho detto la verità».

Poco dopo a casa arriva l’ambulanza, avvertita da una vicina a cui la mamma si era rivolta per chiedere aiuto. «Dal quadro indiziario – scrivono i giudici nel provvedimento che ha portato la donna in carcere – emerge che Lorenzo non è caduto casualmente e ha accusato lesioni talmente gravi da fare ritenere che sia stato sbattuto a terra con enorme violenza e ripetutamente». Quando la mamma parla con un neuropsichiatra nominato dai magistrati sembra non tradire nessuna emozione. Nemmeno davanti a un racconto così terribile. «Il tragico evento non modifica in alcun modo l’atteggiamento apatico tenuto per tutto il tempo dell’incontro», scrive l’esperto nella sua relazione consegnata agli inquirenti. Tanto da diagnosticare «un disturbo dell’affettività che necessita di cure per prevenire complicanze o peggioramenti».

La donna dopo essere rimasta incinta era tornata nella casa della famiglia d’origine a Catania. Lontana dal compagno, tanto da dare al figlio il proprio cognome. Gli unici ad aiutarla sarebbero stati l’anziana nonna e il padre. Insofferenza e malessere per quella gravidanza, secondo i magistrati, si sarebbero palesati in modo evidente. Tanto che il padre della donna aveva deciso di prenotarle una visita psichiatrica, alla quale la figlia però non si è mai presentata. Lo stesso, scrivono i magistrati, «più volte l’aveva minacciata di toglierle il bambino a seguito dei maltrattamenti che gli infliggeva». Lorenzo sarebbe stato un figlio non accettato. Motivo per cui, scrive il giudice nei documenti, la mamma avrebbe agito «per uccidere con violenza» in un contesto «di evidente incapacità all’autocontrollo». Un quadro che non lascerebbe spazio a interpretazioni ma che, poche ore fa, è stato in parte smentito dal padre della donna arrestata. L’uomo ha parlato di «un incidente». Descrivendo la figlia come una donna «depressa che in passato aveva già sofferto per la perdita della madre e per un parto complicato».


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