I sepolcri imbiancati del Fai e dell’Unesco

La vicenda del magnate russo interessato all’acquisto del tempio di Zeus della Valle dei Templi di Agrigento ha suscitato un vespaio di polemiche. Si tratta probabilmente di una boutade. Nel senso che pure in Russia sanno che i beni archeologici non sono in vendita e che, al massimo, si può ambire a gestirli. E certo non possiamo pensare che il miliardario sovietico somigli a quell’ingenuotto a cui Totò, in un suo famoso film, riuscì a vendere la fontana di Trevi.
Ma, al di là della veridicità della notizia, la vicenda ha indubbiamente avuto un merito: quello di fare riaffiorare tutta l’ipocrisia che alberga negli animi di chi dovrebbe occuparsi della tutela dei beni culturali. A cominciare dal Fai (Fondo per l’ambiente italiano) e, soprattutto, dall’Unesco, il cui rappresentante in Italia risponde al nome del palermitano Gianni Puglisi, meglio conosciuto come l’umo dai mille incarichi (dalla Fondazione Banco di Sicilia, alla Iulm fino alla Kore e chi più ne ha più ne metta).
Questi signori, infatti, hanno subito fatto quadrato per difendere la Valle dai Templi dagli ipotetici appetiti del businessmen sovietico. Peccato, però, che non abbiano mosso un dito per impedire che venisse approvato il progetto per la realizzazione di un rigassificatore targato Enel a Porto Empedocle, a meno di un chilometro dal parco archeologico della Valle, che è patrimonio mondiale dell’Unesco.
Hanno fatto ‘di più’ i sepolcri imbiancati del Fai che, in un ‘famoso’ articolo pubblicato dal Corriere della Sera, hanno negato che il rigassificatore potesse essere un problema per Agrigento e dintorni. Salvo poi aggiungere, di recente, che loro del rischio di esplosioni di questi impianti non ne sanno nulla.
C’è da capirli: informarsi, di questi tempi, è sempre più difficile. E loro sono troppo occupati a contemplare le bellezze artistiche su cui hanno messo le grinfie (con la Valle dei Templi ci provano da anni, ma per ora devono accontentarsi solo del vicino giardino della Kolimbetra). Insomma, è difficile scoprire che l’impianto in questione – cioè il rigassificatore che vedrà la luce a Porto Empedocle – è un immenso contenitore di gas (due serbatoi da 160 mila metri cubi ciascuno, 47 metri di altezza, 72 metri di diametro più una torre torcia di 40 metri) ed è incluso nella direttiva di Seveso che lo classifica tragli impianti industriali ad alto rischio di incidente.
Il futuro rigassificatore di Porto Empedocle, tanto per essere chiari, conterrà 8 miliardi di metri cubi di metano. Se una bombola di gas, che contiene una quantità infinitesima del gas immagazzinato in uno di questi impianti, esplodendo è in grado di distruggere una palazzina di due piani, è semplicemente inimmaginabile cosa potrebbe succedere se saltasse in aria un rigassificatore.
A dir la verità, a immaginarlo ci hanno provato in California, dove hanno vietato la costruzione di questi mostri (per saperne di più si può consultare il seguente testo: http://www.linksicilia.it/2011/11/documento-1-dossier-rigassificatore/).
Ebbene, tutto questo per il Fai non conta. Chissà da cosa saranno stati illuminati per giungere a questa conclusione. Forse dalla luce dell’Enel? E che dire di Puglisi? Il classico esempio dell’alunno che supera il maestro. Di chi è stato allievo il nostro rappresentante dell’Unesco in Italia? Di Armando Plebe, un filosofo che prima ha scritto una sorta di apologia del marxismo (“Quello che ha detto veramente Carlo Marx”, questo il titolo del primo libro di Plebe). Per poi rimangiarsi tutto scrivendo, qualche anno dopo, un testo antitetico rispetto al primo: “Quello che non ha capito Carlo Marx”. Tutto e il suo contrario, insomma: tanto che lo stesso ‘maestro’ di Puglisi -il già citato Plebe – non trovò per nulla disdicevole, dopo una militanza nella sinistra, aprire una ‘finestra’ con i fascistoni.
Questione di incoerenza tramandatasi ‘geneticamente’ dal ‘maestro’ all’allievo? No, non lo crediamo. Piuttosto, pensiamo ad una condivisione profonda dell’arte dei sofisti tanto ‘cara’ (si fa per dire) all’Aristofane delle “Nuvole”. O, magari, a Gorgia da Lentini. Di ogni cosa si può dire tutto e l’esatto contrario. Il marxismo è cosa buona, ma anche no. Il fascimo è cosa cattiva, ma anche no. E via continuando. Così Puglisi, ricalcando le orme del ‘maestro’, da un lato fa il paladino della Valle dei Templi, dall’altro rimane muto come un pesce davanti al progetto-scempio di un impianto che può distruggere lo stesso Parco archeologico. Misteri della filosofia, quella dei sofisti per l’appunto.
A dire il vero, qualche anno fa il Nostro aveva espresso qualche dubbio. Poi anche lui, folgorato sulla via di Damasco (anche questa via è illuminata dell’Enel?) ha cambiato idea. E a chi gli chiede conto e ragione si limita a dire che c’è un interesse nazionale verso il rigassificatore (nazionale dell’Enel? Mah…). Ora, ammesso e non concesso che sia così (di certo quel metano non serve alla Sicilia) non c’era un altro posto dove realizzare questo benedetto rigassificatore?
Quasi quasi ci stavamo dimenticando che la Sicilia, per questi ‘signori’ (e per gli ‘ascari’ che gli tengono bordone) è la ‘colonia’ da sfruttare, inquinare e distruggere. Come sanno bene i poteri forti che hanno invaso la nostra Isola negli ultimi 50 anni, distruggendo l’ambiente e la salute dei cittadini (Priolo, Melilli e Gela docet).
Dai sofisti, del resto, non si discosta neanche il governo regionale. Con un governatore – parliamo, ovviamente, dell’autonomista a corrente alternata, al secolo Raffaele Lombardo – che prima di essere eletto presidente della Regione giurava che mai e poi mai avrebbe consentito questo scempio (tanto da avere sollecitato, nel 2007, in quanto leader del Movimento per l’autonomia, un’interpellanza all’Ars contro il rigassificatore di Porto Empedocle, firmata da tutti i parlamentari di sala d’Ercole del suo partito). Salvo poi – e precisamente due anni dopo, nell’agosto del 2009 – cambiare idea e rilasciare l’autorizzazione per la realizzazione dell’impianto di Porto Empedocle. La coerenza, innanzi tutto…
Questo volta-faccia si può comprendere: per pagare tutte le bollette di Palazzo d’Orléans e degli assessorati servono un sacco di soldi. E allora, meglio tenersi cara l’Enel… Chissà come pagherà le sue il sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, che insieme con alcune associazioni culturali continua ad opporsi al mostro d’acciaio a ridosso della Valle dei Templi. Nel silenzio generale. Fino a quando non arriverà il botto finale.

 

 

 


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