‘I segreti di Brokeback Mountain’. Finalmente il vincitore di Venezia

Titolo: I segreti di Brokeback Mountain (Brokeback Mountain).

Regia: Ang Lee.

Soggetto: tratto dal racconto di Anne Proulx.

Sceneggiatura: Larry McMurtry, Diana Ossana.

Fotografia: Rodrigo Prieto.

Musica: Dylan Tichenor, Gustavo Santaolalla.

Montaggio: Geraldine Peroni, Dylan Tichenor.

Interpreti: Heath Ledger, Jake Gyllenhaal, Michelle Williams, Anne Hathaway.

Produzione: Focus Features/River Road Entertainment.

Origine: Canada 2004.

Durata: 134’.

 

 

 

In Italia accadano sempre le cose più strane. In qualsiasi campo, è inutile negarlo. Nell’arte, più che in altre attività del nostro vivere comune, questa tendenza alla bizzarria appare addirittura accentuata. Infatti solo con l’eccentricità si può spiegare perché, in maniera del tutto poco lungimirante dal punto di vista economico, i nostri distributori cinematografici decidano di aprire le sale a “I segreti di Brokeback Mountain” “solo” dopo più di quattro mesi dalla sua vittoria del Leone d’Oro all’ultima edizione del Festival di Venezia, vanificando così le possibilità di un maggiore incasso al botteghino derivante, per ovvietà, dall’onda di quel successo. Mah! E poi ci si lamenta “che il cinema è in crisi”, “che la gente non va più nelle sale”. E come potrebbe essere diverso quando le “tattiche” dei nostri distributori (che in gran parte sono anche produttori) dimostrano questa accortezza strategica? Meglio lasciar perdere una discussione che ci porterebbe troppo lontano e concentrarsi su questo “I segreti di Brokeback Mountain”.

 

La pellicola a Venezia fu accolta, sia dal pubblico che dalla critica, con un atteggiamento abbastanza freddino. Io stesso non ne rimasi eccessivamente entusiasta e nessuno tra i colleghi e gli spettatori con cui mi trovai a parlarne mi comunicò dei giudizi molto differenti dai miei. Praticamente un film da 5 fisso in pagella. Eppure a conclusione della decade veneziana “I segreti Brokeback Mountain” trionfò su una pellicola come “Good Night and Good Luck” di George Clooney da tutti accreditata (me compreso) di maggiore qualità e spessore artistico. Per quanto io rimanga comunque della mia opinione, rivedendo in questi giorni la pellicola di Ang Lee isolata dalla folle atmosfera festivaliera, mi sono reso conto che essa in realtà è ben più complessa di quello che mi apparve durante la visione al Lido e che un giudizio di mediocrità è certamente ingiusto rispetto ai meriti artistici che essa certamente ha.

 

 

 

 

“I segreti di Brokeback Mountain” narra del sentimento di forte affetto ed intimità che si instaura tra due cow-boy nell’America degli anni sessanta e di come clandestinamente quel vivo sentimento sopravvive malgrado tutto e tutti (mogli, figli, lavoro e pregiudizi) per un intero ventennio.

 

In realtà quello che Ang

Lee ci vuole raccontare in “I segreti di Brokeback Mountain” non è una storia gay. Non è la solita vicenda ormai trita e ritrita al cinema dell’ “omosessualità” boicottata e bistrattata e non deve essere visto, il film, come un manifesto gay. Quello che il bravo Lee ci vuole raccontare è una vicenda di forti sentimenti e di come questi travalichino e trascendano i normali canoni relazionali affettivi. Né Ennis né Jake (i due protagonisti della vicenda) possono essere considerati semplicemente degli omosessuali e nessuno dei due poi in realtà lo è, ma tra i due si instaura una vicinanza, una affinità elettiva che neanche loro riescono a comprendere chiaramente, che va in parte contro la loro natura e che li spinge a restare insieme malgrado tutto.


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