Un piatto che, con il suo gusto e il suo sapore, possiede la facoltà di far riaffiorare i ricordi. Ecco a voi quindi la possibilità di tornare indietro nel tempo con una ricetta tradizionale, leggermente rivisitata
I sauri all’agghiata, una pietanza che unisce ricordi e tradizione
I sauri all’agghiata sono un piatto di pesce povero che si tramanda nelle famiglie catanesi da generazioni. Non conosciamo la datazione certa né l’inventore o l’inventrice di questa pietanza, ma ne riconosciamo l’autenticità grazie alle versioni che le nonne ci hanno tramandato e fatto assaggiare, legandolo coi suoi profumi e sapori intensi alla tradizione e alla memoria.
Il Suro detto anche Sugarello, Sugherello o Sauro, è un pesce d’acqua salata molto diffuso nel Mediterraneo, nell’Oceano Atlantico e nei mari del Nord. Vive in prossimità delle coste, dove forma grandi banchi e viene pescato nelle ore notturne, di solito alla luce delle lampare, che è molto utile per attirarli. Si pesca tutto l’anno, ma il momento più propizio è senza dubbio l’estate.
Per la sua grande disponibilità il suo prezzo è solitamente molto modesto e per questo è entrato a far parte della cucina popolare catanese che lo declina in diverse ricette. Il contenuto nutrizionale del Sauro è molto apprezzato, infatti ha pochissimi grassi: solo due grammi per un etto di prodotto, è ricchissimo di proteine e acidi grassi omega 3 ed è quindi un vero toccasana per proteggere l’organismo da patologie cardiovascolari, colesterolo e trigliceridi.
Oggi parlerò della mia versione dei sauri all’agghiata, ricetta tramandatami dalla famiglia e che sono felice di raccontarvi con qualche accorgimento che proviene dalla mia esperienza da cuoco.
Gli ingredienti della ricetta sono pochissimi:
-Sauri freschi
-Farina di semola di grano duro
-Aglio
-Aceto di vino bianco o di mele
-Menta fresca
-Olio d’oliva e di semi
-Sale e pepe bianco
Procedimento:
Per prima cosa bisogna eviscerare il pesce lasciandolo intero: si incide la pancia e aiutandosi con le dita si rimuove il contenuto. Si lava il pesce con poca acqua e si asciuga bene.
La carne del sauro è abbastanza morbida e onde evitare che in frittura si sfaldi (ed esteticamente non venga bello), faccio una marinatura a secco ricoprendo il pesce in una bacinella con sale grosso per dieci minuti circa. Questo permetterà alla carne del Sauro di compattarsi e di non sfaldarsi in frittura rimanendo sodo e compatto.
Successivamente, quindi, si rimuove il sale in eccesso, si passa nella farina di semola e si frigge a 180 gradi fino a doratura da entrambi i lati per poi disporlo su carta assorbente. In questa prima fase preferisco utilizzare dell’olio di semi poiché meno prezioso dell’olio d’oliva, che andremo a buttare subito dopo.
I profumi dell’olio buono invece li daremo con la vera e propria agghiata. Il contributo dell’aglio è importante in questa ricetta e vi consiglio di utilizzare una, due teste per pesce. Iniziate quindi a versare una buona quantità di olio d’oliva in padella e aggiungeteci l’aglio tagliato a fettine non troppo sottili. Fate imbiondire ma non troppo e poi adagiateci sopra i sauri rigirandoli per bene nel soffritto in modo tale che si insaporiscano. Dopo qualche minuto andate a versare un bicchiere di aceto in padella, stando attenti agli schizzi e lasciate ridurre il sughetto rigirando ancora una volta i pesci.
A fine cottura correggete di sale, pepe bianco (ve lo consiglio al posto di quello nero perché più delicato) e abbondante menta. Servite il piatto tiepido e gustatene tutte le sfumature in compagnia dei vostri cari.