Prima puntata del viaggio tra i palermitani che per scelta o necessità sono approdati nel Regno Unito e che adesso si trovano a dovere fare i conti con il crescente sentimento antieuropeo
I Palermitani d’Inghilterra e la Brexit «Si sono quasi scusati per il disagio»
Il giorno della Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, pare essere ormai sempre più vicino. Come cambierà la vita dei tanti palermitani – e non solo – che hanno scelto, per necessità, per una questione di opportunità o per semplice voglia di cambiare aria hanno scelto di trasferirsi oltremanica. Persone come Mario, classe 1981, ha varcato la Manica nel 2011, a lui l’idea del trasferimento era balenata già nel 2009 e oggi è titolare di un dottorato di ricerca in ambito farmaceutico.
«Sono un farmacista registrato in UK – racconta a MeridioNews – e ho sempre lavorato all’interno della direzione medica di aziende farmaceutiche. Al momento svolgo il ruolo di Associate medical director per l’area immunologia e infiammazione ed il lavoro che svolgo è in linea con quanto ho studiato all’università (chimica e tecnologie farmaceutiche, scienze farmaceutiche e ricerca clinica). Sono molto soddisfatto del mio lavoro e non mi definisco un cervello in fuga».
«Questa categoria – continua – si addice a persone che hanno dovuto spostarsi per avere migliori prospettive di carriera accademica e sfuggire ai nepotismi che esistono nell’ambiente universitario. Probabilmente io rientro più nella tipologia del migrante economico, perché il motivo iniziale per valutare una migrazione era quello di trovare migliori condizioni lavorative come farmacista, ed essere all’estero ha probabilmente accelerato la mia carriera, permettendomi di accedere a posizioni senior più rapidamente. Questo anche in virtù del fatto che la percezione professionale di un farmacista in UK è di molto superiore a quella che si ha in Italia. Negli anni il modo in cui gli inglesi mi vedono è certamente cambiato, ma non a causa del voto sulla Brexit. Semplicemente dopo quasi dieci anni di permanenza mi sono integrato e ho fatto mia la cultura e il modo di vivere inglese, allo stesso modo di quello italiano».
E proprio la voglia di integrarsi, che pare essere spesso merce rara tra gli stessi Italiani, pare avere giocato un ruolo fondamentale nella nuova vita così british di Mario. «Fortunatamente su di me la Brexit non avrà alcuna influenza pratica, perché sia io che mia moglie, anche lei siciliana, abbiamo deciso di diventare cittadini britannici a tutti gli effetti prendendo il doppio passaporto. Dal punto di vista lavorativo neanche; non ho visto nessun tipo di discriminazione né di pregiudizio; anzi, ho avuto colleghi che si sono quasi scusati del disagio e della frustrazione provocata da questo voto. Molte compagnie all’indomani del voto hanno organizzato delle comunicazioni per i loro lavoratori di origine europea per rassicurarli e supportarli durante i periodi di incertezza. Relativamente al mio lavoro, visto che ci sono delle implicazioni per la salute pubblica e la fornitura di medicine e accesso a studi clinici, abbiamo dovuto studiare delle strategie per far sì che in caso di hard Brexit la fornitura di medicine potesse continuare senza intoppi.
Quando poi gli viene chiesto quali reazioni avrebbe percepito nelle persone intorno a lui, Mario racconta che: «Conosco molti palermitani, anche se non tutti si sono ambientati bene allo stesso modo ed in generale c’è un ampio e diffuso senso di frustrazione, non di ansia o di paura, è molto simile al sentimento che si può provare quando vedi un tuo caro e testardo amico che fa una scelta a tuo giudizio sbagliata e che può rivelarsi dannosa per lui. Molte persone oggi hanno un atteggiamento stufo: danno per assodato che Brexit avverrà e vogliono che avvenga nel più breve tempo possibile così da minimizzare i contrattempi e le ambiguità di un periodo di transizione” ci racconta Mario riportando le sensazioni di chi lo circonda.
Nel viaggio tra i Palermitani che vivono in Gran Bretagna, ci si allontana da Londra spostandosi a Northampton per parlare con Valeria, trentenne studentessa italiana nel Regno Unito, emigrata dal nostro Paese nel 2015. «Mi sono trasferita il 31 Marzo 2015 – dice – allontanandomi dalla mia città e dalla mia famiglia perché, dopo anni di ricerca attiva nel settore restauro e cinema, non sono riuscita a trovare opportunità lavorative remunerative. Nonostante avessi qualifiche professionali ed esperienza lavorativa accumulata in anni di gavetta, il mercato del lavoro a Palermo non offriva alcun possibile sbocco in nessuno dei due settori. Attualmente sono studentessa a tempo pieno, al mio secondo anno di BA Fine Art alla Northampton University e per racimolare qualcosa lavoro come libera professionista nel settore artistico come gallerista, ma si tratta di impieghi saltuari visto il mio attuale impegno universitario».
Da quando Valeria è sbarcata in Uk sono molti i lavori in cui si è cimentata, dalla cameriera alla gallerista, ma oggi dice di sentirsi «realizzata, faccio quello che avrei voluto fare in Italia e sono giunta alla conclusione che per accedere alle professioni cui ero e sono interessata, in un arco di tempo il più breve possibile, ho la necessità di prendere una laurea qui. Posso dire che, negli anni la percezione che gli inglesi hanno avuto di me è certamente migliorata, soprattutto a livello lavorativo. Nonostante avessi già parecchia esperienza in diversi settori, la difficoltà della lingua inglese mi ha portata a svolgere ruoli parecchio inferiori alle mie effettive competenze e conoscenze, rallentando la mia integrazione nel tessuto sociale britannico».
«In questo preciso momento la situazione socio politica in UK è complessa. La Brexit sta dando vita a molti atteggiamenti nazionalisti e spesso razzisti. Nel mio caso specifico essendo nel settore dell’arte, la mia posizione non è cambiata perché non sono mai stata trattata come extracomunitaria, almeno non in maniera razzista. Ancora non ho modo di toccare con mano gli effetti della Brexit nel mio campo, ma prima o poi dovrò farci i conti, perché al momento ho il ‘pre-settlement status’ e ad aprile 2020 farò nuovamente domanda per ricevere il ‘permament status’, che garantirà i miei diritti di cittadina a tempo indeterminato, tuttavia sto studiando per prendere la cittadinanza in modo da non avere problemi burocratici».
«Però ammetto che questo sia il momento peggiore per migrare in UK – conclude -. Il livello di incertezza porterá parecchio caos a livello burocratico e chi deciderà di trasferirsi in UK dovrà avere un piano ben preciso, magari avere un lavoro precedentemente concordato. Oltrecad essere preparatissimo a livello burocratico tramite ambasciate e datori di lavoro. Il flusso di migranti non credo cambierà molto; la gente continuerà a trasferirsi a Londra ed in altre città. Cambieranno l’ottica ed il metodo con cui lo farà, puntando a lavori ben precisi, con cognizione di causa per non impelagarsi nelle difficoltà burocratiche prevedibili nei mesi a venire” conclude Valeria raccontandoci la Brexit dal suo punto di vista di studentessa universitaria emigrata nel Regno Unito in cerca di migliori prospettive per il proprio futuro lavorativo».