I nostri soldi nelle tasche di Ben Alì

Il 2011 è stato un anno particolarmente funesto e maledetto: maremoti, terremoti, alluvioni, crisi finanziarie di dimensioni ancora non conosciute, sacrifici, lacrime e sangue. Eppure qualche bella notizia c’è stata anche nel 2011: una serie di dittatori, despoti corrotti e criminali contro l’umanità sono stati spodestati dai popoli della costa nordafricana, a cominciare dalla grande Rivoluzione dei Gelsomini della Tunisia. Tra poco se ne celebrerà l’anniversario. Sono cose che sappiamo tutti.
Non tutti sanno, però, che l’Unione Europea fino al giorno prima che il dittatore tunisino Ben Alì si dimettesse, cioè fino al gennaio del 2011, lo aiutava copiosamente. Di fatto, lo aiutava indirettamente (ma non poi così tanto indirettamente) a perpetrare i suoi metodi ‘delicati’ contro la libertà di stampa, la libertà d’opinione, l’associazionismo; aiutava, inoltre, il dittatore nella sua azione di ‘alleggerimento’ delle ‘casse’ del suo Paese; e, in ultimo, nel finanziamento della repressione della rivolta che ha provocato centinaia di morti uccisi dalle guardie di Ben Alì durante le pacifiche dimostrazioni di piazza che poi sono riuscite a cacciarlo.

Sarkozy e Ben Alì

L’Unione Europea aiutava Ben Alì da tempo, da molto tempo, fin da quando l’Italia aveva appoggiato la sua ascesa al potere con un colpo di stato negli anni Ottanta. Tanto era l’imbarazzo, solo un anno fa, che pochi seppero che la rivolta tunisina, la Rivoluzione dei Gelsomini, era iniziata, in realtà, alla fine dell’autunno del 2010. Nessuno ne parlava: un silenzio complice di Ben Alì era calato su tutti i mezzi d’informazione europei, soprattutto quelli “pro-governo” di due paesi-chiave: l’Italia e la Francia. Silenzio tombale per due lunghi mesi: da novembre 2010 a gennaio 2011, quando le cose non si potevano più nascondere a nessuno. Perché questo imbarazzo?

Una parte dei perché, li troviamo nel rapporto di valutazione della Commissione Europea stessa sul come sono stati spesi i soldi per “fare sviluppare” la Tunisia, i cui disastri sono sotto gli occhi di tutti. Il rapporto, è disponibile solo in lingua francese nel sito e potete trovarlo alla fine dell’articolo.
Approvato nel marzo 2011, il rapporto ci informa che, dal 1996 al 2008, in Tunisia, l’Unione Europea (e quindi tutti i contribuenti europei, compresi noi italiani) ha speso quasi 1 miliardo e duecento milioni di euro per Ben Alì e la sua ‘band’. Il che equivale, grosso modo, a quella parte della manovra del governo Monti per la quale sono scese le lacrime della Fornero, in attesa del sangue degli italiani: il blocco delle pensioni. Un miliardo e duecento milioni di euro che a quest’ora, almeno una parte, sarebbero rimasti nelle tasche dei pensionati italiani oggi colpiti dalla manovra. Dati alla Tunisia di Ben Alì ed i suoi amici ‘galantuomini’, cacciati dal loro stesso popolo inviperito per i disastri che la loro gestione ha provocato. Che bella cosa! Complimenti all’Unione Europea. Complimenti vivissimi!
E questo non basta. A parte la somma spropositata che evidentemente non ha sortito alcun effetto positivo, come in parte ammesso tra le righe del tecnicismo del citato rapporto, essa stessa è stata data in larghissima parte, e cioè per quasi due terzi, sotto forma del famigerato “budget support”, o “sostegno di tesoreria”.
Che cosa è il “budget support”? Per dirla in parole povere, è un sostegno diretto alle ‘casse’ dello Stato beneficiario, in questo caso la Tunisia del ‘simpatico’ dittatore Ben Alì, senza praticamente alcun controllo su come vengano spesi i soldi, a parte l’impegno del Paese beneficiario, in questo caso la Tunisia, nell’attuazione di riforme, più o meno vaghe e più o meno riuscite, dell’economia e dell’amministrazione. Riforme di solito tendenti alle cosiddette “liberalizzazioni” e che, nel caso della Tunisia, hanno fatto letteralmente esplodere il Paese di disoccupati alla disperazione che sono o venuti da noi, oppure sono scesi in piazza ‘pacificamente’ inferociti, più che indignati.
Insomma, l’Unione Europea dava soldi al Ministero del Tesoro di Ben Alì, il quale poi li usava per le riforme sì (e di dubbissima utilità), ma potendo in questo modo risparmiare lo stesso quantitativo di risorse finanziarie raccolte con le tasse, e quindi usarle per mantenere il suo sistema di potere nepotistico, ‘vicino’ai bisogni della popolazione e, soprattutto, imperniato sulla ‘legalità (o quasi…).

Per renderci conto dell’enormità del fatto, basta tornare alla nostra Sicilia. Da noi i soldi dell’Unione Europea non solo sono spesi “a progetto”, con la chiara esclusione del “supporto di tesoreria”, e quindi con controlli e burocrazia interminabili, come ogni siciliano che ha lavorato per uno solo di questi progetti ha notato, ma presuppongono, in larghissima parte, anche un co-finanziamento da parte di privati, o dello Stato, oppure della Regione siciliana o altri enti locali. Certo, la classe politica siciliana non è il meglio nel mondo. Ma vien da chiedersi: come mai tutti i pruriti di efficienza e lotta alla corruzione ed alla mafia – giustamente adottati da noi con sempre maggiore impegno – sono stati invece così palesemente messi da parte quando i soldi sono stati dati alla vicina Tunisia e lasciati gestire in tutta libertà a Ben Alì e dai suoi amici? La domanda è non solo legittima, ma necessaria. Perché apre la strada ad altre domande simili: i soldi dei programmi di sviluppo e cooperazione che l’Unione europea concede a paesi terzi quanti sono? A chi vengono dati? Con quali criteri? Per essere più chiari: quanti altri dittatori in giro per il mondo sono stati finanziati (o lo sono tutt’ora) dall’Europa?
Spezziamo però una lancia a favore della Unione Europea: per lo meno paga esperti esterni per valutare come vengono spesi i soldi dei contribuenti. Rimane tuttavia un mistero perché, poi, il rapporto venga pubblicato solo in francese e non ancora tradotto, a quasi un anno dalla sua pubblicazione, nelle altre lingue della nostra amatissima Unione.
Beninteso, l’Unione Europea rimane una gran cosa. Ma sarebbe il caso d’iniziare a controllare meglio come mai i capi di Bruxelles decidano di allocare grandi somme di denaro in maniera, diciamo così, “allegra”, per poi andare a fare le pulci sul centesimo di euro al cittadino comune. Per esempio, a un qualsiasi siciliano onesto, che cerca di accedere al sostegno della onnipotente ed onnipresente Commissione Europea. Per dirla in una forma siciliana: a posto siamo!

Scarica il Rapporto dell’EU sul finanziamento a Ben Alì dal 1996 al 2008


Gabriele Bonafede

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