Un “case study”, un particolare evento che deve fungere da cavia: raccontare attraverso un documentario di 15 minuti la vita quotidiana in una scuola secondaria inglese. All’interno di quello che potrebbe sembrare un banale progetto per una tv statale – la famigerata auntie Bbc – vengono al pettine infiniti nodi etici, giornalistici, legali.
A illustrare questo caso realmente accaduto è Hugh Purcell (ex caporedattore della sezione documentari della British Broadcasting Corporation) nel corso della prima giornata dei lavori del progetto Esodoc-European Social Documentary in corso in questi giorni a Zafferana Etnea. Il primo ostacolo riguarda i soggetti minorenni; come richiedere le autorizzazioni ai genitori? Chiedere un permesso generale al consiglio scolastico o solo ai tutori dei minori intervistati? E come prospettare l’idea di una troupe che invade per una giornata intera la scuola? Qualcuno suggerisce la tattica del “quarto d’ora di celebrità”: in fondo si tratta di un film per la Bbc, «è l’occasione di tutta una vita».
Potrebbe capitare che il consiglio d’istituto voglia guardare il prodotto finito, per dare l’approvazione definitiva, oppure far vedere ai singoli soggetti coinvolti le parti che riguardano loro e non l’insieme. Insomma, già dall’organizzazione, quello che sembrava un semplice caso diventa in realtà molto più complesso.
Secondo problema: in caso di riprese a lunga distanza o che coinvolgono più persone, bisogna chiedere l’autorizzazione a tutti? E come? Si chiede una film maker. Uno dei giovani seduti alla tavola rotonda – Christian, danese – obietta che mai utilizzerebbe zoom o lenti particolari per filmare da lontano; ma nel caso in cui si ritenesse necessario, come agire? Inoltre ci sono delle differenze tra documentaristi indipendenti e quelli appartenenti a grosse società di broadcasting: i primi hanno molte restrizioni che per gli altri non ci sono.
Altro dilemma: se nel corso delle riprese qualcuno lancia una pesante accusa, un’ingiuria, un commento al limite del reato, cosa bisogna fare? Le soluzioni proposte sono varie: rivolgersi alla polizia e ai servizi sociali (nel caso delle riprese nella scuola pubblica), non mostrare il frammento del video, mettere in secondo piano il progetto iniziale e dedicarsi alla nuova notizia…
La soluzione – ma che è anche la chiave per risolvere la maggior parte delle questioni delicate che si incontrano in questo mestiere – è fornita dallo stesso Hugh Purcell. Bisogna pensare nei termini dell’interesse pubblico: se la ripresa, il commento, la storia, il progetto in generale viene a coincidere con quello che è lo scopo centrale, far conoscere qualcosa (uno scorcio di vita vera, in questo caso) all’opinione pubblica, allora molte delle domande troveranno da sé una risposta.
Ovviamente ci sono altre difficoltà che richiedono un’analisi più approfondita, ma mantenere il ricevente come una sorta di bussola può facilitare il mestiere di chi filma la vita vera a qualsiasi latitudine del pianeta.
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