I Beddi: l’ironia tra il gioco e l’amore

Non c’è “Ciuri ciuri” né “Vitti ‘na crozza” nella tracklist perché l’intento è dare una versione ben diversa della solita pasta, fatta di una approfondita ricerca antropologica e culturale, ma anche di uno studio musicologico e linguistico. Le passioni, i giochi, le serenate, le filastrocche, i sogni e il disio, riprodotti dal quartetto con quella fedeltà che ci tiene legati alle tradizioni, innovandole.
“Ppi jocu e pp’amuri”, che sarà presentato Giovedì 20 novembre all’ex Monastero dei Benedettini, non è soltanto un titolo ma anche sintesi dell’intero lavoro musicale, un modo di vivere e di vedere la vita da siciliani, e non solo. Abbraccia anche la fatica del basso ceto sociale che da sempre ha rappresentato la parte più artistica e colorita del popolo siculo. Massimo comune denominatore è l’ironia che spesso riduce al minimo la distanza fra il gioco e l’amore.
 
Molto presenti sono le influenze dei territori vicini, come il carattere pastorale della zampogna a paru che accomuna il messinese con la Calabria, dalla pizzica salentina agli strumenti ereditati dalla dominazione araba.
Ci sono scene di vita quotidiana che balzano nella mente dell’ascoltatore come la marciabile “Cantu di caccia” o “Sbirruni”, ma anche proverbi e miniminagghi in “Nniminu”. Filastrocche variopinte come “E Tulì tulì tulì”, “Vitti affacciari lu suli di notti” e “Comu si li cugghieru li beddi pira”. Un testamento ironico in “Quannu moru ju”, che nasconde una morale (caratteristica del cuntu).
 
Ma l’indole sentimentale dei musicanti siciliani non si poteva limitare soltanto a questo. L’amore per la donna mediterranea musicato con semplicità attraverso le note di “La Nicusiota” o la sfacciata tarantella “L’acqua è nta cannata”. Una “Marranzanata di Maltese” anticipa in stile canto di carrittera la successiva “Quannu viru a tia”, un’appassionante serenata alla donna tanto desiderata quanto sofferta. Sullo stesso tema ma con ritmo rilassato emerge “Sutta la to finestra” a chiudere il ciclo dell’amore. Curioso il finale del disco dove il gruppo si cimenta nell’interpretazione personalizzata e alquanto bizzarra di venditori di musica “Alla fiera del Sud”.
 
Ogni storia è nata per formare un tutt’uno con la musica popolare utilizzando anche vecchie poesie e sonetti dalla metrica ritmata ricercate da studiosi come Giuseppe Pitrè, Alberto Favara, Antonino Uccello, Alan Lomax, Mario Sarica e Carlo Muratori, musicandoli sino nei particolari.
Non si esaltano gli stereotipi del vecchietto con la coppola o della signora che fa a cuasetta seduta sull’uscio della porta di casa, ma la vera essenza del passato siciliano: filastrocche, cunti, canzuna a ballu, proverbi. Di certo non ultimo il linguaggio che fatica ad essere immediato a causa del progresso sfrenato che ha colpito in pochi anni la Trinacria, allontanando così le nuove generazioni dagli arcaismi musicali e linguistici.
 
Il quartetto, composto da Davide Urso (voce, tamburi a cornice, marranzano, mandolino), Mimì Sterrantino (voce, chitarra classica, armonica a bocca, mandolino), Giampaolo Nunzio (voce, organetto, zampogna, friscalettu, fiati) e Pier Paolo Alberghini (contrabbasso), ha richiesto, per l’album, la partecipazione di tanti ed importanti artisti locali; fra questi, Mario Incudine, Matilde Politi, Carmelo Salemi, Giorgio Rizzo, Daniele Zappala’, Peppe Lo Iacono, Antonio Vasta, Antonio Putzu, Luca Recupero, Carmelo Siciliano, Franco Barbanera Giuseppe Lombardo, Simona di Gregorio, Giorgio Maltese, Giuseppe Trovato, Salvo Pappalardo, Maria Novella Novelli.

Da sottolineare, una particolare collaborazione più che partecipazione con il giovane artista pittore Calusca che ha realizzato per il gruppo siciliano “inchiostri su carta”, un ciclo di opere atto a rappresentare visivamente ogni brano.
 
Con questo disco “I Beddi” vogliono adoperare più strumenti possibili, per poter espandere sia la conoscenza della musica popolare siciliana che la riscoperta della stessa, enfatizzando così la saggezza dell’essere semplici, proprio come le tradizioni.
 
 
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