Per anni si è fatto finta che i minorenni che arrivavano sulle coste italiane non esistessero. Molti di loro finivano nei CPT insieme agli adulti, in condizioni disumane. Una campagna di Amnesty ci ha fatto fare qualche passo avanti- Gli invisibili di Andrea Deioma
I bambini immigrati? Ora sono un po meno invisibili
«Invisibili: fino a poco tempo fa, erano proprio così i milioni di bambini che ogni anno arrivano sulle coste italiane. Oggi, invece, è possibile affermare che non lo sono più, grazie alla mobilitazione legata alla nostra campagna: una campagna per difendere i diritti umani di tutti quei minori che arrivano ogni anno in Italia via mare, indipendentemente dal fatto che siano accompagnati o no». Così Stefano Pratesi, vice presidente della sezione italiana di Amnesty International e docente di Legislazione europea e Immigrazione presso la sezione di Ragusa della facoltà di Lingue e Letterature straniere, ha presentato venerdì scorso, nella conferenza Minori, migranti e nuove schiavitù, i risultati della campagna Invisibili, iniziata da Amnesty nel febbraio 2006.
«Oggi ha aggiunto Pratesi tracciamo un bilancio che sicuramente ci lascia abbastanza soddisfatti per il progressivo miglioramento di alcuni aspetti della detenzione dei migranti e dei richiedenti asilo. Ma ancora moltissimo lavoro deve essere fatto». Durante la conferenza, organizzata in collaborazione con lUniversità di Catania e i Circuiti Culturali e tenutaso venerdì scorso al Coro di notte dei Benedettini, sono stati ripercorsi gli obiettivi della campagna. Amnesty chiede al governo italiano che i minori migranti e richiedenti asilo non vengano mai detenuti, salvo «in casi estremi e rispondenti al loro superiore interesse»; che la detenzione di migranti e richiedenti asilo, minori e adulti, «risponda agli standard dei diritti umani sulla legittimità e sulle condizioni della detenzione»; che «la dignità e i diritti umani dei minori vengano rispettati in tutte le fasi della migrazione, compresi larrivo e i trasferimenti»; che i centri di detenzione e i dati statistici «vengano resi accessibili al monitoraggio delle organizzazioni non governative indipendenti»; che venga adottata «una legislazione organica sullasilo conforme agli standard internazionali sui diritti umani».
«Abbiamo scelto di concentrarci sui diritti violati dei minori migranti perché li consideriamo vittime tre volte ha spiegato Pratesi : in primo luogo perché sono minori e in quanto tali soggetti deboli, in secondo luogo perché sono migranti e infine perché si trovano in uno stato contro legge di detenzione, cioè nei CPT con gli adulti, quando invece dovrebbero essere nelle case famiglia».
Uno dei risultati ottenuti consiste nel fatto che il Ministero dellInterno ha reso disponibili le statistiche sui minori che arrivano in Italia via mare: sono stati 1622 nel 2005, e 1335 nel 2006 (il 7% del totale dei migranti via mare). Inoltre, se prima il governo negava lesistenza di minori allinterno dei CPT, adesso è stato elaborato un disegno di legge (Amato-Ferrero) che affronta il problema, e che dovrebbe presto passare alle Camere. Il disegno prevede tra laltro che, in caso di incertezza sui dati anagrafici, si presuma la minore età. Ed era questa una delle richieste della campagna.
Inoltre, i centri di permanenza temporanea sono stati aperti anche alle associazioni e agli esponenti della società civile, compresi i giornalisti. In questo modo, non solo è stata constatata leffettiva presenza di minori migranti allinterno dei CPT, ma i media hanno potuto informare lopinione pubblica che non conosceva, o conosceva poco, questa realtà. Ne è nata unattenzione molto maggiore al problema (solo per fare un esempio, sono state inviate più di 100 mila lettere al ministero degli interni). È anche per questo che oggi si può parlare di minori migranti, e non più solo di invisibili.
Alla conferenza, che è stata coordinata dal professor Luciano Granozzi, docente di Storia contemporanea presso la facoltà di Lingue e Letterature straniere di Catania, sono intervenuti anche i professori Francesca Longo e Salvatore Aleo, docenti rispettivamente di Politiche dellUnione Europea e di Diritto penale presso la Facoltà di Scienze politiche di Catania.
«Lunione Europea ha affermato la professoressa Longo vuole farsi promotore dei Diritti dellUomo, ma in realtà non li garantisce. I suoi strumenti non hanno carattere giuridico, pertanto il tutto è delegato alle giurisdizioni dei singoli stati membri». E ha aggiunto: «Il problema dei migranti è considerato solo in unottica di difesa del territorio, cioè come un problema di polizia. Credo che, invece, bisognerebbe abbandonare le politiche di controllo che mirano solo a bloccare i flussi migratori, in favore di un approccio globale che veda limmigrazione come un fatto normale, legato alla dimensione socio-economica della domanda e dellofferta».
«Uno dei problemi più urgenti da affrontare dal punto di vista della giurisdizione è il fatto di affidarsi al principio di territorialità ha affermato il professor Aleo . Esso, infatti, si rivela una semplice fionda di fronte ai grandi problemi internazionali, che invece hanno bisogno di risoluzioni internazionali per essere combattuti». Anche Aleo, daccordo con la Longo, ha sottolineato che quello dellimmigrazione non può essere considerato come un semplice problema di polizia.
Per portare avanti la campagna, Amnesty non ha risparmiato le forze. Sono state vendure 2500 copie del rapporto di ricerca; sono stati organizzati 500 eventi in 120 città italiane; 2500 sono stati gli attivisti mobilitati, 50.000 le firme raccolte; sei, infine, i testimonial della campagna (A67, Acustimantico, Claudio Baglioni, Andrea Camilleri, Fiorello, Ivano Fossati). Ma la campagna non è ancora conclusa: è essenziale che lItalia adotti presto una linea coerente con gli standard internazionali sui diritti umani e una legislazione organica in materia di asilo, se si vuole costruire un sistema rispettoso dei diritti di tutti. Dunque, cè ancora molto da fare.
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http://www.amnesty.it/appelli/appelli/invisibili?page=appelli