Hotspot, le opposizioni chiedono chiarimenti a Orlando Palazzotto: «Il suo sì era per un’altra struttura al porto»

È tra i temi caldi di questi giorni, e le opposizioni in consiglio comunale provano a cogliere in fallo la giunta Orlando proprio su uno dei nervi più scoperti, vale a dire la costruzione dell’hotspot allo Zen. Andando a scovare un resoconto stenografico di un anno fa (esattamente la seduta n. 78 di giovedì 16 marzo 2017 della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione dei migranti) in cui si rendeva noto che il Comune avrebbe dato il proprio assenso a «dei lavori per realizzare un hotspot su un’area acquisita dall’Agenzia dei beni confiscati, per la quale il Comune ha concesso la propria disponibilità per avere 150 posti». A dirlo era stata la dottoressa Gerarda Pantalone, capo del dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno.

Ecco perchè, tra ieri e oggi, prima il gruppo consiliare del Movimento 5 stelle e poi quello de I Coraggiosi hanno chiesto spiegazioni. A sollevare il caso erano stati ieri i consiglieri Ugo Forello (capogruppo), Giulia Argiroffi, Concetta Amella, Viviana Lo Monaco, Antonino Randazzo. «Se quanto dichiarato in commissione parlamentare da un Capo di Dipartimento del Ministero può essere attendibile – hanno dichiarato i pentastellati – allora risulta che il sindaco Orlando mente quando con sdegno dichiara, in aula e sui giornali, di essere contrario alla realizzazione di un hotspot a Palermo e di essere disposto a ricorrere al Tar pur di scongiurare questa eventualità. Dalle carte, infatti, emerge che sarebbe stato proprio lui a fornire la disponibilità all’utilizzo dell’area individuata allo Zen. Come gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle chiediamo pertanto che sia fatta immediatamente chiarezza su questa situazione imbarazzante: non siamo disposti ad essere presi in giro da Orlando. L’istituzione di un hotspot riguarda una questione delicata che mette in discussione la tutela dei diritti umani, e non è possibile che chi è chiamato a rappresentare la città, pubblicamente si riempia la bocca di belle parole per poi, in perfetto stile di vecchia politica, scoprire che la stessa persona avrebbe dato disponibilità a procedere con un’opera che nessuno vuole».

Insomma: la sinergia che ha visto votare compatto il consiglio comunale negli scorsi giorni, ribadendo il proprio no alla struttura di identificazione dei migranti (ma gli hotspot spesso si tramutano in centri di reclusione e detenzione), rischia già di venir meno. E dire che fino a ieri mattina sembrava si andasse in tutt’altra direzione. Dopo l’incontro tra i capigruppo del consiglio comunale e l’assessore regionale al Territorio Toto Cordaro, i toni erano distesi. «Interlocuzione positiva che lascia presagire esito positivo della vicenda» aveva scritto in un tweet Giusto Catania, capogruppo di Sinistra Comune e tra i più attivi oppositori dell’hotspot. Ottimismo ribadito anche da Cesare Mattaliano, capogruppo de I Coraggiosi: «Non posso che esprimere soddisfazione  per la piega che ha preso l’incontro e per il sostegno dell’assessore nei confronti delle nostre posizioni».

Clima molto differente questa mattina, quando Fabrizio Ferrandelli ha annunciato di voler presentare sul tema un’interrogazione. «Questa amministrazione dimostra ancora una volta di non operare alla luce del sole – ha ribadito il leader de I Coraggiosi -. Per questo motivo ho presentato un’interrogazione e fugare ogni dubbio. Se questo (cioè l’assenso di Orlando del 2017 relativo alla costruzione della struttura … ndr) dovesse rispondere al vero andrebbe in completa contrapposizione con quanto dichiarato dal sindaco durante la scorsa seduta di consiglio. Mi chiedo inoltre quale sia pertanto l’effettiva posizione di questa amministrazione su tale progetto, considerato che la creazione di un hotspot riguarda anche la tutela dei diritti umani e la realizzazione di un’opera che nessuno vuole». 

Della commissione parlamentare di inchiesta faceva parte anche Erasmo Palazzotto, da sempre contrario all’installazione di un hotspot a Palermo. Un netto no ribadito, ultimamente, anche all’incontro pubblico promosso da Sinistra Comune lo scorso 23 maggio. E che dava per assodata una linea simile da parte del Comune. Ma allora la giunta Orlando a cosa aveva dato il proprio assenso? «Quella proposta riguardava l’allestimento di una struttura temporanea al porto – dice il deputato di Liberi e Uguali -, per consentire le procedure di sbarco dei migranti, le prime cure e le prime identificazioni non sotto il sole ma al chiuso. Ai tempi il ministro degli Interni era Angelino Alfano (che in realtà mantenne quell’incarico fino al dicembre 2016 … ndr), è con Marco Minniti, che si è insediato successivamente, che si è parlato di hotspot. Da realizzare prima in un bene confiscato sopra via Oreto, e poi allo Zen. Per dire, nell’assenso che aveva dato il Comune non era prevista per esempio neanche l’accoglienza, solo appunto la realizzazione di una struttura temporanea. Orlando comunque aveva dato comunque la disponibilità per quella che era una dichiarazione di intenti, ai tempi non c’era neanche un progetto vero e proprio».


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