Il fronte contro il sistema di prima accoglienza per i migranti continua a ribadire la propria contrarietà alla struttura prevista per giugno e voluta dalla prefettura. Fausto Melluso, dell'Arci Porco Rosso: «Temiamo che l'impianto da temporaneo possa diventare definitivo, come già avvenuto in altre sedi»
Hotspot, il timore degli attivisti: «Non ci fidiamo» Ciulla: «Sarà alternativa a ufficio immigrazione»
Al di là delle rassicurazioni di rito, sull’hotspot a Palermo le posizioni sono chiare. Da una parte c’è la prefettura che intende realizzare «un piccolo centro», che conterrà «non più di 150 persone» e che «non sarà una struttura di accoglienza» ma che servirà a «garantire la possibilità di realizzare anche a Palermo il fotosegnalamento». Dall’altra c’è il fronte antirazzista cittadino, che ha convocato un’assemblea cittadina per sabato 1 aprile, alle ore 17 presso il centro di Santa Chiara per dire no a un «luogo di segregazione e negazione dei diritti». In mezzo c’è il Comune di Palermo che continua a parlare della città come di «capitale dell’accoglienza» e che allo stesso tempo tenta di non arrivare allo scontro con le volontà del governo centrale.
A Meridionews l’assessora alla Cittadinanza sociale Agnese Ciulla ribadisce ancora una volta che «la prefetta Antonella De Miro ripete da giorni che non si tratterà di un hotspot; la richiesta depositata al tavolo del Comune è quella della creazione di tre prefabbricati, quindi di una struttura leggera e di passaggio, che dovranno costituire un’alternativa all’Ufficio Immigrazione al commissariato di San Lorenzo, dove voglio ricordare che si creano code all’aperto con le persone sottoposte alle intemperie e all’inpiedi anche per 24 ore. C’è bisogno dunque di un impianto al chiuso dove dare un’assistenza più umana».
Per Fausto Melluso, del circolo Arci Porco Rosso (dove recentemente è stato aperto lo sportello San-Papiers, per fornire le informazioni necessarie a rifugiati e richiedenti asilo), «sulla vicenda c’è da vigilare. Il rischio hotspot per noi è concreto, temiamo che la struttura da temporanea possa diventare definitiva, come già è avvenuto in altre sedi. A volte sono proprio le questure a violare le leggi in quest’ambito, in quanto sono modelli di accoglienza come l’hotspot che poi portano alla clandestinizzazione delle persone. Il Comune deve farsi parte attiva in questa partita, chiedendo ad esempio con forza che le associazioni possano stare dentro la struttura, per vigilare e garantire un’adeguata assistenza».
Nel lungo documento di convocazione all’assemblea del primo aprile, che tratterà anche il tema del G7 a Taormina e delle «politiche securitarie e antidemocratiche del decreto Minniti-Orlando», si legge che «al momento in Sicilia sono presenti tre hotspot e una nuova struttura dovrebbe essere allestita nella caserma Gasparro a Messina; Palermo rientrerebbe, così, a pieno titolo, nel piano di potenziamento del sistema della prima accoglienza». Inoltre la struttura dovrebbe ospitare insieme «migranti adulti e minori stranieri non accompagnati, una pratica del tutto illegale». Il movimento antirazzista palermitano, facendo leva sulla memoria e su casi simili avvenuti a Trapani, Lampedusa e Pozzallo, di fronte dunque alle rassicurazioni ribadisce: «Scusate se non ci fidiamo del bravo ministro, del buon sindaco e della zelante prefetta».