L'80 per cento delle nuove diagnosi riguarda giovani uomini, poco più che 18enni, che hanno rapporti sessuali con altri uomini. «Molti ragazzi non sanno neanche cosa sia il virus. Se non sai cosa rischi non sai che ti puoi difendere», spiega Luciano Nigro, presidente della sezione etnea della Lega italiana per la lotta contro l'Aids
Hiv a Catania, in cinque anni 393 nuovi casi «Nella media, ma più contagi tra gli under 25»
«Cosa si è fatto in Italia per evitare la trasmissione sessuale dell’Hiv? Niente. Assolutamente niente. C’è stato un momento storico in cui le associazioni venivano invitate nelle scuole per parlare del contagio, e adesso non capita più. Non sono mai state fatte campagne serie per incentivare l’uso del preservativo. In questo Paese è difficile parlare di uso del preservativo così come è difficile organizzare momenti di educazione sessuale». La risposta di Luciano Nigro, docente di Malattie infettive all’università di Catania e presidente della sezione etnea della Lila (Lega italiana per la lotta contro l’Aids), è nettissima. Se nel Catanese «negli ultimi anni si registra un lieve aumento delle infezioni» da Hiv nei giovani al sotto dei 25 anni è perché non si fa prevenzione. I dati dell’osservatorio epidemiologico della Regione Sicilia parlano di 393 nuovi casi diagnosticati tra i residenti nell’area del capoluogo etneo nei cinque anni compresi tra il 2009 e il 2014. Almeno tra quelli censiti negli ospedali Garibaldi, Vittorio Emanuele e Cannizzaro di Catania, e al presidio ospedaliero Gravina di Caltagirone.
«La stragrande maggioranza dei ragazzi sotto i 25 anni non hanno mai sentito parlare di Hiv», continua Nigro. Sono soprattutto le fasce di età più giovani a non conoscere i rischi dell’infezione dal virus dell’immunodeficienza umana (è questo il significato della sigla con la quale viene identificato) e a non sapere neanche cosa sia l’Aids. Cioè la malattia che il virus può causare se non trattato. In totale sono 674 i casi di Aids conclamato registrati a Catania e provincia, 58 nel quinquennio 2010-2014. Numeri che rimangono costanti e che, anzi, nel trend regionale, aiutano a registrare un calo – quasi continuo – del fenomeno.
«Nel mondo – prosegue l’esperto – circa un terzo dei sieropositivi non sa di esserlo. Perché non pensa di essere a rischio e non ha mai fatto controlli. Il risultato è che il 70 per cento delle nuove infezioni viene proprio da persone che non sanno di aver contratto il virus». Eppure non è più necessario aspettare un paio di giorni per avere i risultati dell’esame del sangue, che comunque si può effettuare in forma anonima e nelle unità operative apposite degli ospedali. Ed esistono nuovi test per l’Hiv, come quello che analizza la saliva, e che sono in grado di fornire dei risultati in appena 20 minuti.
«Il restante 30 per cento di chi contagia, invece, è dovuto alle persone che sanno di avere l’Hiv, rimuovono e non si curano. Oggi è provato che chi è in trattamento ed ha bloccato la replicazione del virus non trasmette l’infezione». Tra chi scopre di essere sieropositivo, un 20 per cento fa i controlli perché inizia a stare male. Il restante 80 per cento, invece, è «in buona salute». «Sono giovani uomini, tra i 18 e i 25 anni, che hanno rapporti sessuali con altri uomini». Ci sono poi le donne «partner di uomini spesso bisessuali». E c’è anche qualche ragazzo ancora minorenne.
Alla Lila di Catania arrivano ogni giorno una decina di telefonate per ottenere supporto a distanza. Poi ci sono due gruppi di auto-aiuto, ciascuno con gruppi di otto persone. E poi ci sono i 12 soci sieropositivi. Tra i quali anche la vicepresidente della sezione etnea. «Se di un’emergenza possiamo parlare – chiarisce Luciano Nigro – è l’emergenza prevenzione. Le nuove infezioni sono causate principalmente dalla mancanza di informazioni corrette. Se non sai cosa rischi non sai che ti puoi difendere. Il condom è mia opinione che dovrebbe essere considerato alla stregua di un farmaco salvavita e quindi distribuito gratuitamente. La prevenzione conviene sempre: spendiamo 1200 euro al mese per curare le persone con Hiv. Risparmieremmo se attivassimo tutte le procedure necessarie affinché le persone smettano di infettarsi? La mia risposta è ovvia: risparmieremmo e creeremmo posti di lavoro nell’ambito della medicina preventiva».