Grecia: dopo la ‘cura’ Ue 6,3 milioni di persone (su una popolazione di 11 milioni) sono povere

IL DATO – AGGHIACCIANTE – EMERGE DALLA LETTURA DEL “RAPPORTO POLITICHE PER IL REDDITO MINIMO GARANTITO NELL’UNIONE EUROPEA”. PER L’ITALIA – CHE STA SUBENDO UN TRATTAMENTO IDENTICO – SI PROFILANO ANNI BUI

Sei anni fa in Grecia è iniziata la peggiore crisi mai vista nell’ultimo mezzo secolo (e forse oltre). Fu allora che la “troika”, costituita da Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale, cominciò ad imporre al Paese di Aristotele e Socrate severe misure di austerity. Ora è il momento di valutare quali sono stati i risultati di questa politica da parte dell’UE. E questo non solo per valutare l’efficacia del modus operandi dell’Unione, ma anche perché, visti i molti aspetti che accomunano la Grecia e l’Italia, questo potrebbe consentire agli italiani di prevedere quale sarà il proprio futuro.

A darci questa possibilità è la pubblicazione del “Rapporto Politiche per il reddito minimo garantito nell’Unione Europea e in Grecia” pubblicato dall’Ufficio Bilancio del Parlamento di Atene sullo stato della povertà.

I dati riportati nel documento sono sconvolgenti: sotto la “guida” dell’UE, l’economia greca è peggiorata e ciò ha avuto ripercussioni inimmaginabili dal punto di vista sociale. Oggi in Grecia il 58,3 per cento della popolazione, circa 6,3 milioni di persone (su una popolazione di meno di 11 milioni) è “povera”. Di questi, due milioni e mezzo di greci vive già al di sotto della soglia di povertà. Altri 3,8 milioni sono in pericolo “immediato” di oltrepassare tale limite.

“Soglia di povertà” che, mai come in questo caso, non è un mero termine da usare su un libro o nell’aula di un ateneo: in Grecia una famiglia di quattro persone non ha abbastanza soldi per pagare affitto o per acquistare i generi di prima necessità (alimenti, trasporti, sanità, vestiario e istruzione per i figli). Il 17,9 per cento dei greci non ha nemmeno i soldi per comprarsi il cibo (una percentuale peggiore di quella di Paesi come Brasile e Cina).

Secondo i dati del Comitato greco per l’UNICEF, che ha presentato il rapporto, “La condizione dell’infanzia in Grecia 2014 – L’impatto della crisi economica sui bambini”, il numero dei minori greci esposti al concreto rischio della povertà ed esclusione sociale è in continuo aumento e ha raggiunto le 686.000 unità, pari a oltre un terzo (35,4 per cento) della popolazione minorile ellenica. Con un netto peggioramento rispetto agli anni precedenti.

Ebbene, dal confronto con la Grecia emerge che anche il’Italia, grazie alle misure imposte da governi forse troppo accondiscendenti con i diktat di Bruxelles, la povertà sta crescendo anno dopo anno: la povertà assoluta aumenta a ritmo preoccupante, coinvolgendo circa 303 mila famiglie e 1 milione 206 mila persone in più rispetto all’anno precedente.

In Italia, come esemplificato nell’Atlante dell’Infanzia, il 25% dei minori è a rischio povertà: sarebbero circa due milioni e mezzo i bambini e gli adolescenti, soprattutto nelle regioni del Sud, che vivono in condizioni di deprivazione materiale e spesso anche culturale, sociale e relazionale. Un milione di loro vive già in povertà assoluta.

In Grecia, dal 2008 ad oggi, interi quartieri sono stati abbandonati e gli appartamenti delle aree residenziali più alla moda restano vuoti: spesso chi ci abitava non ha più i soldi per pagare le spese per viverci. A volte i metodi sono da “dopoguerra” (in molte città la gente ha tagliato gli alberi lungo le strade per farne legna per riscaldarsi).

Anche in Italia la situazione non appare diversa: il mercato immobiliare è in crisi, le case non si vendono più (anche a causa delle tasse e imposte, sempre maggiori, introdotte dagli ultimi governi) e le ripercussioni anche sul settore dell’edilizia sono pesanti. In base ai dati della Banca d’Italia, il giro d’affari nel settore, dal 2008 ad oggi, è diminuito del 30 per cento e continua a calare a ritmo sostenuto. Un tempo nel Bel Paese il mattone era un bene di rifugio. Oggi, a causa della politica fiscale dissennata adottata dagli ultimi governi, nessuno vuole più investire in immobili.

L’economia greca non esiste più. La moneta, dopo l’imposizione di misure per ridurre l’uso del contante (come del resto stanno facendo i governi che si succedono in Italia), non vale più niente e ormai si sopravvive grazie al baratto. Qualche mese fa, in occasione di un concerto organizzato dagli studenti di una scuola di Atene, l’Atene Community School (ACS), è stato previsto che i partecipanti potevano accedere pagando il prezzo del biglietto non in denaro, ma “in cibo”.

Anche in Italia la moneta ufficiale, l’Euro, conta sempre di meno. E non solo per le misure restrittive che mirano a limitare l’uso del contante. La gente non crede più nella moneta ufficiale e così prosperano decine e decine di monete complementari e alternative.

Oggi la Grecia appare completamente distrutta. Eppure fino a non molti anni fa, l’economia del Paese culla della cultura occidentale appariva florida. Il settore produttivo e, in particolare, il settore primario e la trasformazione dei prodotti che ne derivavano, riuscivano a produrre “ricchezza”. Ma dopo la distruzione dell’economia locale e l’imposizione delle severe misure volute dalla “Troika”, il tasso di disoccupazione ha raggiunto livelli sconcertanti e continua a crescere mese dopo mese: nel quarto trimestre 2013 ha sperato il 27,5 per cento. Dal 2008, il numero di famiglie i cui componenti sono tutti disoccupati è quasi raddoppiato e in una famiglia su cinque, nessuno ha un lavoro.

L’economia del Bel Paese sta morendo. Le piccole e medie imprese trovano sempre maggiori difficoltà, sia interne (l’Italia è il Paese europeo in cui è più difficile avviare e gestire un’impresa) che esterne, e le grandi imprese già da tempo hanno trasferito in parte o in toto la propria produzione all’estero. E non è servito a molto per illudere gli italiani e gli europei inserire nel calcolo del PIL alcune attività illecite: la situazione era ed è critica.

Da quando l’Europa è intervenuta per imporre la propria “soluzione” alla crisi, le cose, in Grecia, non sono affatto migliorate, anzi sono peggiorate: il reddito medio pro capite è crollato a livelli precedenti non alla crisi ma al periodo antecedente la nascita dell’Unione Europea. E la situazione non sembra possa migliorare a breve o a medio termine.

La stessa cosa potrebbe dirsi per l’Italia: da anni ormai non si fa altro che sentire promesse: “Il prossimo anno il Pil crescerà, i segnali di ripresa si avranno nel…”. Tutte promesse smentite dai fatti. Poi il tempo passa e la situazione peggiora.

Pooul Thomsen, a capo della missione del Fondo monetario internazionale, ha esercitato forti dubbi sulla possibilità della Grecia di risollevare la propria economia, specie dopo che alcuni creditori internazionali avevano esercitato pressioni per la soppressione dei diritti dei lavoratori nell’ambito del nuovo contratto collettivo (dimenticando già da un anno e mezzo i lavoratori in Grecia possono essere assunti con uno stipendio di 350 Euro mensili).

Una manna per le industrie che potranno trovare manodopera a basso costo, ma un disastro per chi ha la sfortuna di essere nato in uno dei più bei Paesi d’Europa.

Qualche anno fa i sindacati permisero ad alcune grandi imprese italiane di venir meno agli accordi contrattuali e imposero ai lavoratori del nostro Paese di sottostare a forme di lavoro che hanno di fatto cancellato decenni di lotte sindacali. Il risultato è stato che quelle imprese hanno trasferito la propria sede legale (e i soldi guadagnati) all’estero e molti lavoratori hanno perso il proprio posto di lavoro. E nessuno ha potuto dire niente.

Forse sarà interessante vedere cosa accadrà in Grecia nei prossimi mesi,perché è molto probabile che un futuro simile spetterà anche all’Italia.

 

 

 

 


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