«Noi che viviamo all’ombra dell’Etna abbiamo un’autentica vocazione per queste ineffabili esistenze, divise tra gloria e meschinità, idromele e acqua putrida, oro e merda». Così il giornalista etneo scrive nel suo ultimo libro - che spazia dalla letteratura al dialetto, dall'universale delle arti di strada al Liotro di pietra nera - raccontato con le parole del collega e amico Sergio Mangiameli. Leggi gli estratti e guarda le foto
Gran Circo Catania, tra favola e cronaca Il nuovo libro di Giuseppe Lazzaro Danzuso
I libri si devono scrivere così come
Giuseppe Lazzaro Danzuso ha fatto col suo Gran Circo Catania. Passione totale per il gesto imparato alle scuole elementari, e amore viscerale per questa terra catanese, etnea. Perché la formula magica è sempre la stessa, come fossimo clown di carta, noi scrittori: saper trovare l’incanto e non cadere, quel ritmo dolce e incisivo tra esattezza e follia, la musica dell’anima da leggere a bocca aperta. Stupire, appunto, e fermare il tempo della lettura nell’infinito dell’emozione che tocca il cuore e volerne ancora. E condividerlo: come nel caso di questo libro, la cui parte del ricavato destinata all’autore sarà devoluta a due esperienze del quartiere Librino: la Librineria dei Briganti Rugby e il Centro Iqbal Masih.
Non c’è oggi un altro
clown di carta al pari di Lazzaro Danzuso, capace di produrre un’opera del genere, in grado di scuotere qualsiasi anonimo lettore e tutti i letterati e storici catanesi. Non c’è oggi un libro sulla nostra città, che tenga dentro storia e favola, verità e cronaca, raccontata in maniera così unica e magistrale, usando sfumature da circo antico, inflessioni commoventi e quasi dimenticate, letteratura e dialetto. «Noi che viviamo all’ombra dell’Etna abbiamo un’autentica vocazione per queste ineffabili esistenze, divise tra gloria e meschinità, idromele e acqua putrida, oro e merda», scrive Lazzaro Danzuso.
«Nel pirotecnico mondo del
Gran Circo Catania, all’ombra di un elefante di pietra e di un vulcano che sembra un tendone, s’intrecciano gag, numeri ed esibizioni: narrazioni, ritratti, istantanee di feste e rituali… momenti poetici dagli imprevedibili esiti, personaggi noti e non, leggende conosciute e sconosciute, straordinari camei», si legge nel risvolto di copertina, a firma di Dora Marchese.
Guarda le immagini della mostra degli allievi dell’accademia di Belle arti di Catania con le opere ispirate al testo
E quando invece, in quarta di copertina, tra i tanti chiamati all’appello di riconoscimento, trovo il mio nome, mi rendo conto che il filo invisibile ma esistente del
contagio delle idee, c’è stato anche stavolta per questa cosa che rimarrà una perla da leggere ai nostri figli, e da averne cura. Ci siamo tutti, sulle panche di questo Gran Circo Catania. Trentaquattro storie da assaporare con gusto, e varie spiegazioni contestuali che l’autore non risparmia per il piacere di darsi tutto. Ecco, lacrime e sorrisi sono tutte qui, di risate e dolori non ne sono rimaste indietro. Ecco la semplice, grandissima esibizione di un clown di carta: non lasciare niente al domani. È tutto qui, adesso tra le righe di questo Gran Circo Catania.
Anche quando Lazzaro Danzuso scrive dell’
Etna, la mia musa ispiratrice: «Io ho potuto conoscerlo Efesto, perché ancora ‘a Muntagna non era stata gettata nella prigione della burocrazia. Quando ancora era la montagna degli dei. Le eruzioni, trent’anni fa, erano cosa naturale. Cataclismi caserecci che servivano a rifarsi gli occhi con lo spettacolo della natura… finché un giorno, con trambusto di fanfara, gran pavese di quotidiani e riviste nazionali e soprattutto fruscio di banconote di grosso taglio, piombò sulla teste di quei contadini d’alta quota un Gran circo che affascinò l’Italia e il mondo con i suoi Incantatori di colate, Domatori di attività stromboliane, Indovini di terremoti, Dominatori d’esplosioni freatiche… Fu allora che l’Etna divenne vietata… Mi piacerebbe che il riconoscimento dell’Unesco venisse esteso anche all’immenso patrimonio immateriale rappresentato dall’Umanità delle genti dell’Etna, impegnate nei loro quotidiani, e spettacolari, numeri da circo. Genti tanto umane da apparir divine. E mi piacerebbe che il nostro vulcano venisse consacrato al Mondo senza legacci. Come è sempre stato, a eccezione di una trascurabile manciata di lustri».
Ma forse tutto lo straordinario Circo non vale l’invito, indimenticabile e inarrivabile, di pagina undici.
Venghino signori, venghino! «Perché siamo il Circo? Sarà forse perché viviamo sulla groppa di una tigre di fuoco, sotto un immenso tendone color viola d’Africa… ma lo siamo soprattutto in quanto orgogliosi fenomeni da baraccone, felici e pieni di ritegno nell’esibire ciò che abbiamo avuto in dono dalla vita: le nostre commoventi mostruosità… Deponete dunque i vostri malsani sguardi di riprovazione, l’ottusità perenne, i pelosi pregiudizi, i sofismi indegni, la severità inappropriata e quell’insopportabile, disgustosa invidia perfino per le nostre nobilissime miserie. Amateci, finalmente, come meritiamo. E amate voi stessi, per una volta. Incondizionatamente».
(Gran Circo Catania, Guida improbabile a una città incredibile – Giuseppe Lazzaro Danzuso, Carthago edizioni, 198 pagg, 15 euro).