Il quotidiano inglese The Telegraph anticipa alcuni dei beni che verranno alienati dal demanio. I privati interessati otterranno una concessione cinquantennale. Associazioni e residenti chiedono «garanzie su destinazione d'uso e apertura al pubblico». Il figlio dell'ultimo guardiano del faro di Levanzo: «Ho vissuto lì per 30 anni, una buona notizia se attrarrà turisti»
Governo cede 52 siti in Sicilia per fare cassa Castelli, monasteri e fari ai privati per 50 anni
Cinquantadue siti siciliani sono stati inseriti nell’elenco dei 686 beni pubblici che l’Italia lascerà in gestione ai privati. Ad anticipare la lista è il quotidiano inglese The Telegraph, che scrive: «Castelli, monasteri, palazzi e fari saranno dati in affidamento per 50 anni e potranno essere restaurati e sfruttati commercialmente». Un modo per affrontare la crisi del nostro Paese, secondo la lettura del giornale britannico. I privati sarebbero interessati soprattutto agli antichi edifici, spesso malandati o chiusi al pubblico, che dominano le coste della penisola. In Sicilia le province sicuramente interessate sono Siracusa, Palermo e Trapani. Nelle prossime ore dovrebbe essere svelato l’elenco completo dai ministeri competenti.
Il faro di Brucoli, nel Siracusano, «funziona ancora ma la struttura è pericolante, tanto che è vietato persino arrivarci», spiega a MeridioNews Luca Di Giacomo, presidente dell’associazione Marilighea. I suoi attivisti stanno dialogando con la Regione per riaprire al pubblico il castello che sta vicino al faro: «Vorremmo divenisse uno spazio dove fare incontri sociali e culturali. Sarebbe un’opportunità per fare pubblicità a Brucoli e Augusta, rilanciandone il turismo». Sulla possibile concessione del faro a privati, commenta: «Tutto dipenderà dall’uso che ne verrà fatto». Ad esempio: «Sarebbe bello e appropriato farne un museo del mare». Il timore è invece che «una diversa destinazione commerciale possa fare a pugni con la presenza del castello e rovinare il paesaggio».
Nella lista c’è anche il faro di
Punta Cavazzi, sull’isola di Ustica. «Le sue condizioni non sono buone. Ha bisogno di essere ristrutturato per intero», sottolinea Pietro Bertucci. Il blogger usticese, che racconta le bellezze del suo territorio su usticasape.it ricorda: «Tempo addietro il Comune decise di non farsi carico del faro, lasciando che fosse inserito nella lista dei beni cedibili a privati. È uno dei posti più belli dell’isola e meriterebbe di essere valorizzato».
Il terzo faro è quello di
Capo Grosso, nell’isola di Levanzo, di fronte Trapani. «È stato saccheggiato delle porte, delle finestre e persino delle piastrelle. Vederlo così malridotto è un colpo al cuore». A raccontare l’attuale condizione del sito è un testimone d’eccezione: Giuseppe Li Volsi, figlio delll’ultimo guardiano del faro. «Ho abitato lì per trenta anni, fino a quando mio padre Salvatore andò in pensione. Poi il faro fu automatizzato». Informato della possibilità che la struttura venga gestita da privati, commenta: «Se ne parla da tempo, ma non se n’è mai fatto niente. Potrebbe essere una buona notizia solo se, una volta ammodernato, il faro divenisse centro di iniziative capaci di coinvolgere gli abitanti e attrarre i turisti».
L’idea di cedere i beni demaniali è stata rispolverata dopo la nomina di
Roberto Reggi, direttore dell’agenzia del Demanio. L’ex sindaco di Piacenza, nei suoi dieci anni di mandato, aveva già sperimentato in Emilia il metodo che adesso si vorrebbe applicare all’intero Paese. A spiegarne i dettagli saranno domani il ministro della Cultura Dario Franceschini e la ministra della Difesa Roberta Pinotti. Entro il 2017 lo Stato spera di ricavare una cifra vicina ai 2 miliardi di euro dall’asta di tutti i beni, che sarà organizzata dall’agenzia diretta da Reggi.