Gli operai invisibili: uno scandalo della democrazia

Giornalisti e politici. Chi condiziona chi?”: avrebbe dovuto essere questo l’argomento dell’incontro di giovedì con Ezio Mauro (direttore di La Repubblica), Angelo Agostini (docente della IULM di Milano) e Marco Giudici (direttore di RaiSat), nell’ambito del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia. Quello che gli spettatori si sono trovati davanti è stato invece un video shock: la trasposizione televisiva dell’inchiesta del direttore di La Repubblica, pubblicata nel gennaio 2008, sull’incendio all’acciaieria torinese Thyssen Krupp.

Il video, curato da RaiSat, riprende in parte la lettura teatrale sull’argomento realizzata da Paola Cortellesi, Claudio Gioè e Valerio Mastandrea. 

La platea si è commossa e indignata al tempo stesso per la tragedia dell’incendio del 6 dicembre 2007 che ha provocato sette morti tra gli operai, lavoratori che non pensavano di fare un mestiere pericoloso: si erano abituati alla visione per cui «“lavoro” equivale a dire “straordinari”», racconta il video, e «il consumatore vale più del produttore». La spiegazione immediata sembra quella della ricerca del profitto ad ogni costo, anche quello del sacrificio della vita.

Angelo Agostini dà inizio al dibattito: fa notare come il concetto di “lavoro” sia scomparso dalla politica italiana. La lucidissima analisi di Ezio Mauro passa per l’errato concetto di “modernità”, dove «non c’è coesistenza tra il nuovo e il vecchio, che è considerato come obsoleto».

Al centro del dibattito «la trasformazione del “lavoro” in saperi, esperienze e competenze, parole vuote che fanno dimenticare «un pezzo d’Italia che produce». Di conseguenza, «la perdita di ruolo e considerazione sociale degli operai li espone e li indebolisce, togliendo loro consapevolezza dei diritti». 

Operai invisibili, quindi, ma la verità secondo Ezio Mauro non è questa: tragedie come quella della Thyssen Krupp sono uno «scandalo della democrazia». «Si diventa giornalisti – ricorda il Direttore – per raccontare storie come questa, senza aggettivi né fronzoli. Si scommette sulla storia».

La ricezione di questa vicenda da parte del pubblico è stata tipicamente italiana: un interesse morboso per giorni e una dimenticanza totale dopo un mese. Questo atteggiamento, definito da Mauro «categoria italianissima della “compassione”», si contrappone alla «categoria della “condivisione”», cioè la voglia di capire le cause di un evento, che nel pubblico italiano spesso non esiste.  

Agostini focalizza l’attenzione anche sulla «trasportabilità dei contenuti di creatività giornalistica». Risponde Marco Giudici, creatore del video proiettato, che non poteva non sottolineare la costante e moderna ibridazione di diverse forme di linguaggio – in questo caso scritto, teatro e tv – che «ad ogni passaggio aggiungono significato».


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