È polemica sulle condizioni del voto per corrispondenza, lunico concesso agli italiani residenti allestero che non possono tornare a casa. Ma cè chi, come gli studenti erasmus, è escluso anche da questa possibilità
Gli italiani allestero e il diritto di voto
Sembrerebbe uno di quegli argomenti che “ora che è tra i preferiti dei Media, ce lo ritroveremo sulle pagine dei quotidiani, a cadenza regolare, ogni x giorni, non c’è scampo”. Specialmente in una campagna elettorale, come ha scritto Alessandra Vitali su Repubblica, “mai sfiorata dal dubbio del fair play, nemmeno per cinque minuti”. Eppure forse stavolta vale davvero la di pena fermarsi a riflettere su come e perché troppo spesso vediamo calare sugli affari di casa nostra l’ombra minacciosa dell’incostituzionalità. Tra le innumerevoli polemiche legate alle Politiche 2008, infatti, ce n’è una degna di nota, e cioè quella che riguarda il voto degli italiani all’estero. La legge Tremaglia (459), ha introdotto la possibilità di eleggere i propri rappresentanti in Parlamento anche ai nostri concittadini residenti fuori dai confini nazionali.
“All’estero, i cittadini italiani ivi stabilmente residenti, iscritti nelle liste elettorali della Circoscrizione estero, possono partecipare alle elezioni votando per corrispondenza. Essi votano per le liste di candidati presentate nella rispettiva ripartizione della Circoscrizione Estero. A ciascun elettore residente all’estero il Consolato competente invia per posta, entro il 26 marzo, un plico contenente: un foglio informativo che spiega come votare, il certificato elettorale, la scheda elettorale, una busta completamente bianca, una busta già affrancata recante l’indirizzo dell’Ufficio consolare stesso, le liste dei candidati della propria ripartizione. L’elettore, utilizzando la busta già affrancata e seguendo attentamente le istruzioni contenute nel foglio informativo, dovrà spedire le schede elettorali votate, in modo che arrivino al proprio Consolato entro – e non oltre – le ore 16 ora locale del 10 aprile. Il voto è personale e segreto ed è fatto divieto di votare più volte e inoltrare schede per conto di altre persone. Chiunque violi le disposizioni in materia elettorale, sarà punito a norma di legge. L’elettore che alla data del 30 marzo non avesse ancora ricevuto il plico elettorale, potrà rivolgersi al proprio Consolato per verificare la propria posizione elettorale e chiedere eventualmente un duplicato.”
Nulla di strano, se non fosse che, hanno fatto notare molti degli interessati, sia la busta contenente il plico, ovvero quella che l’elettore all’estero riceve, sia quella già affrancata, ovvero quella che gli viene fornita per far giungere il suo voto in Italia, viaggeranno tramite posta ordinaria, e non raccomandata. Inutile sottolineare quanti e quali sono i possibili disguidi legati a questa modalità di spedizione, disguidi che nella peggiore delle ipotesi (la peggiore e tuttavia non la più improbabile) avrebbero come diretta conseguenza il mancato esercizio di un diritto fondamentale dei cittadini.
Ed è solo l’inizio. Se infatti l’eventualità di simili inconvenienti non lascia tranquilli gli italiani residenti all’estero, c’è un’altra categoria le cui difficoltà sembrano del tutto insormontabili. Parliamo degli studenti italiani che in questo momento stanno trascorrendo in un altro paese un soggiorno-studio nell’ambito del progetto Erasmus . Nel loro caso la legge non prevede alcuna agevolazione, né rimborsi spese in caso decidano di recarsi nel comune di appartenenza per votare: l’unica possibilità è tornare a casa a proprie spese. Questo avviene perché per chi non risiede stabilmente fuori dall’Italia esistono, sì, delle alternative al ritorno in patria, ma queste non comprendono gli studenti:
“Possono esercitare il diritto di voto per corrispondenza all’estero, per le circoscrizioni del territorio nazionale, i seguenti elettori: a) personale appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia temporaneamente all’estero in quanto impegnato nello svolgimento di missioni internazionali; b) dipendenti di amministrazioni dello Stato, temporaneamente all’estero per motivi di servizio, qualora la durata prevista della loro permanenza all’estero sia superiore a sei mesi, nonche’, qualora non iscritti alle anagrafi dei cittadini italiani residenti all’estero, i loro familiari conviventi; c) professori universitari, ordinari ed associati, ricercatori e professori aggregati, di cui all’articolo 1, comma 10, della legge 4 novembre 2005, n. 230, che si trovano in servizio presso istituti universitari e di ricerca all’estero per una durata complessiva di almeno sei mesi e che, alla data del 6 febbraio 2008, si trovano all’estero da almeno tre mesi”.
Forze Armate, dipendenti statali e docenti universitari, dunque. Gli studenti no (e solo per gli Erasmus si parla di migliaia di non-voti). Ed ecco che il web si riempie di forum e blog di protesta. C’è addirittura una petizione online, ad oggi firmata da 778 studenti, che in quanto non appartenenti a nessuna delle categorie iscrivibili all’AIRE, l’anagrafe dei residenti italiani all’estero, non ritengono giusto che vengano loro negate le facilitazioni disponibili, soprattutto alla luce della “vergogna, da una parte, di un doppio rimborso ai partiti (contemplato in una modifica di legge intervenuta nel febbraio 2006, che prevede ‘l’erogazione del rimborso elettorale anche in caso di scioglimento delle Camere’, legge n. 51 del 2006) e, dall’ altra, di una ‘quasi-costrizione al non-voto’ messa in atto grazie a una serie di vuoti legislativi relativi alla nostra situazione”.
E se, da una parte, c’è chi sostiene che non pagando le tasse in Italia i cittadini italiani residenti all’estero non dovrebbero avere rappresentanza e quindi voce in capitolo su come vengono amministrate le risorse pubbliche all’interno dei nostri confini; se i rappresentanti di certi schieramenti politici sottovalutano più o meno volutamente la questione voto all’estero da quando, alle ultime elezioni, il voto degli espatriati non ha fruttato quanto sperato; se c’è chi, per consolare gli esclusi a queste elezioni, pubblica una lista dei “vantaggi del non voto all’estero”, d’altra parte resta il fatto che nel nostro paese le petizioni virtuali non hanno lo stesso valore di quelle cartacee, che per questa tornata le condizioni di voto e agevolazione rimangono invariate, e che il rischio che chi risiede all’estero più o meno stabilmente ma non diventa cittadino del nuovo paese si senta un “apolide”, c’è, e prima o poi andrà affrontato.
L’informativa del Ministero degli Esteri e l’elenco delle ripartizioni della Circoscrizione Estero