Gli agenti di viaggio denunciano la Regione «Comuni e parrocchie concorrenti sleali»

«Da anni soffriamo della concorrenza sleale di Comuni e parrocchie, e la Regione non fa niente per evitarlo». Il reato per il quale Autotutela, l’associazione degli agenti di viaggio, ha deciso di denunciare la Regione Sicilia è omissione d’atti d’ufficio, ma anche «tutti gli altri reati che la procura della Repubblica vorrà individuare». «Il fatto è semplice – spiega Sandro Profumi, coordinatore nazionale di Autotutela – Noi paghiamo una licenza per operare nel settore dei viaggi organizzati e quelli che lo fanno senza averla sono abusivi». Compresi i preti e gli uffici comunali.

Che un parroco voglia organizzare un viaggio per gli anziani o che un Comune voglia spedire alcuni dipendenti a un convegno l’illecito è lo stesso: «Esercizio abusivo di una professione, la nostra». Secondo Profumi, le perdite da attribuire all’illegalità si aggirano intorno al 30 per cento negli ultimi tre anni, e la responsabilità è tutta dell’assessorato regionale al Turismo: «Li sollecitiamo da anni, ma si nascondono dietro azioni inconsistenti e scaricano le responsabilità alla guardia di finanza o alla polizia municipale». «Forse prima c’era più spazio per tutti – continua Profumi – ma adesso dobbiamo combattere per avere quello che ci spetta». Perché loro, le 1023 agenzie di viaggi che operano in tutta la Sicilia, per ottenere la licenza, pagano una tassa di concessione governativa che supera i 400 euro, «poi dobbiamo avere un responsabile tecnico con quattro anni di esperienza, le referenze bancarie e l’assicurazione di responsabilità civile». Niente che l’insegnante della scuola di danza che mette in piedi il viaggio con gli allievi per portarli al concorso in un’altra regione sia obbligato ad avere. «Senza contare, poi, che se vengono pagati per quello che fanno percepiscono soldi in nero», spiega il coordinatore.

Le sanzioni sono previste, «arrivano fino a settemila euro, ma non vengono comminate». «Noi inviamo segnalazioni in continuazione», dice Profumi. Per esempio quella che riguarda la Multiservizi puntese srl, «al 100 per 100 del Comune di San Giovanni La Punta, che la paga per organizzare viaggi di vari genere». E l’assessorato al Turismo? «Hanno inviato loro una lettera pregandoli di smettere subito». Adesso, però, Autotutela ha dato mandato allo studio legale Fassari e Ragazzi di Catania per procedere contro Palazzo dei Normanni. «Se entro dieci giorni non risponderanno, li denunceremo», conclude Sandro Profumi. Ma riuscire a contattare Daniele Tranchida, l’assessore, o qualcuno del suo entourage è questione di fortuna. Tra dirigenti sempre in riunione, capi di gabinetto che prima sono fuori stanza e poi sono «urgentemente andati via», e responsabili che non rispondono al telefono, ottenere una risposta passa attraverso tante segreterie e lunghe attese. «Mandi un’email, daremo subito un riscontro», dicono alla fine. Il riscontro, però, non arriva.

[Foto di fdecomite]


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L'associazione Autotutela ha dato mandato a uno studio legale catanese di procedere contro Palazzo dei Normanni. L'accusa che gli operatori turistici rivolgono alla Regione e all'assessorato retto da Daniele Tranchida è semplice: omissione d'atti d'ufficio. «In sostanza, si rifiutano di fare il loro lavoro, da anni», denunciano. E, nel frattempo, lamentano perdite di fatturato del 30 per cento negli ultimi tre anni

L'associazione Autotutela ha dato mandato a uno studio legale catanese di procedere contro Palazzo dei Normanni. L'accusa che gli operatori turistici rivolgono alla Regione e all'assessorato retto da Daniele Tranchida è semplice: omissione d'atti d'ufficio. «In sostanza, si rifiutano di fare il loro lavoro, da anni», denunciano. E, nel frattempo, lamentano perdite di fatturato del 30 per cento negli ultimi tre anni

L'associazione Autotutela ha dato mandato a uno studio legale catanese di procedere contro Palazzo dei Normanni. L'accusa che gli operatori turistici rivolgono alla Regione e all'assessorato retto da Daniele Tranchida è semplice: omissione d'atti d'ufficio. «In sostanza, si rifiutano di fare il loro lavoro, da anni», denunciano. E, nel frattempo, lamentano perdite di fatturato del 30 per cento negli ultimi tre anni

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