Gli affari di Michele Guglielmino e i supermercati Gm La sua scalata ai vertici della distribuzione alimentare

Il «reuccio» della distribuzione alimentare partito da zero, ma che in pochi anni era riuscito a fatturare milioni di euro controllando una rete di 13 supermercati. L’identikit è quello di Michele Guglielmino e i discount a lui riconducili quelli marchiati GMFiniti nei giorni scorsi al centro di un sequestro preventivo da 41 milioni di euro. Nelle pagine del decreto del tribunale misure di prevenzione viene ripercorso il lungo lavoro degli investigatori del reparto anticrimine della polizia di Catania, definito dai giudici «puntuale ed esaustivo». Due parole dietro le quali si cela un’inchiesta patrimoniale fatta di nomi, presunte teste di legno e verifiche contabili. Perché dietro la scalata di Guglielmino, secondo l’accusa, ci sarebbe anche l’ombra della mafia, con la rampante cosca dei Cappello. Il cuore dell’inchiesta sono proprio i numeri e la genesi di tutto viene indicata nella data del 13 dicembre 2004. Quando nasce formalmente la società G.M. Gran mangiare srl, con la titolarità delle quote affidata alla moglie di Guglielmino, Melita Bruno, e alla sorella di quest’ultima. 

L’avvio della carriera imprenditoriale di Guglielmino coincide con quella delinquenziale

Il primo investimento consistente arriva nel 2007. Nel quartiere Zia Lisa viene stipulato un contratto d’affitto da quasi 50mila euro. L’obiettivo è aprire un punto vendita e per farlo vengono acquistate da G.M. attrezzature, celle frigorifere e banconi, mentre in organico finiscono sei dipendenti. «Un impegno economico consistente», si legge nei documenti, che però trova una battuta d’arresto appena cinque mesi dopo. La notte dell’11 maggio scatta l’operazione Nightlife e per Guglielmino si aprono le porte del carcere. Tornerà in libertà tre anni dopo da sorvegliato speciale con la mansione di direttore del supermercato di Zia Lisa

Gli anni successivi per la bianco-rossa G.M. sono quelli più caldi. Uno dietro l’altro si susseguono gli affitti dei locali e gli investimenti economici con le nuove aperture di supermercati in tutta la città e non solo. Nell’organigramma della società cambia qualcosa lo scorso anno. La moglie di Guglielmino  nel 2017 cede parte della quota al fratello Salvatore Bruno e contestualmente arriva la partecipazione del giovane figlio Michael Giuseppe Guglielmino. Investimenti «ingiustificati», li definiscono gli investigatori, con i protagonisti che non avrebbero disposto, almeno nella fase iniziale, delle finanze sufficienti da mettere sul mercato. Dentro la GM, come emerge dai documenti, in mezzo ai 120 dipendenti tutt’ora all’opera ma sotto la guida di due amministratori giudiziari, trovano spazio anche alcuni parenti diretti degli storici boss catanesi Concetto Bonaccorsi e Salvatore Cappello. «Per supportare tale investimento economico, lo stesso ed i suoi famigliari – replicava l’avvocato di Guglielmino – hanno avuto accesso ai tradizionali canali di credito assolutamente leciti, sottoscrivendo rapporti finanziari con diversi istituti».

Michele da Gesa? Era attivo nel settore degli stupefacenti

Ma la crescita imprenditoriale per l’accusa avrebbe avuto le sue fondamenta sulla «carriera delinquenziale» dell’imprenditore. Perché a partire dal 2004, data in cui nasce la G.M., iniziano anche i problemi di Guglielmino con la giustizia. La grana principale è quella della droga ma non mancano le ombre della mafia, nonostante l’assoluzione nell’inchiesta Ramazza. A lui, per esempio, era stata affidato il delicato compito di occuparsi di un pezzo da novanta dei Cappello. L’imprenditore, per l’allora latitante Angelo Cacisi, si sarebbe prodigato per ricaricare le schede telefoniche e fornire il vitto: dalla carne ai pasticcini. Guglielmino inoltre avrebbe fatto da tramite con il boss Salvatore Cappello occupandosi della consegna di alcune lettere alla moglie di quest’ultimo, Maria Rosaria Campagna.

Guglielmino finisce anche nei verbali di una piccola truppa di collaboratori di giustizia. Gaetano D’Aquino, ex reggente dei Cappello, nel 2011 lo addita come attivo «nel settore degli stupefacenti». Di «roba» parla Giuseppe Catalano, pentito con un passato dentro la cosca dei Laudani. «Veniva con un altro – racconta in un verbale del 1997 riferendosi a Guglielmino – per comprare 150-200 grammi ogni volta che io avevo la roba». Per tutti Guglielmino è Michele da’ Gesa, dal nome di uno dei suoi primi supermercati nel rione San Giorgio. Anche Gaetano Ruccella, trafficante poi diventato collaboratore, parla di lui nel 2004: «Vende droga, a chili la porta».


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