Gli affari della prima cellula di Cosa nostra a Favignana Tra edilizia, rifiuti e l’hotel Florio. «Il proprietario è uno»

«Il proprietario di Favignana è uno, punto». A parlare senza sapere di essere intercettato è Marcello Pollara che si rivolge a Mario Letizia. Entrambi tra i 25 arrestati ieri nell’ambito dell’operazione Scrigno che ha permesso di individuare per la prima volta una cellula di Cosa nostra nell’isola più grande dell’arcipelago delle Egadi con una «innata propensione a infiltrarsi nell’economia legale». In particolare, i business individuati sull’isola sarebbero quelli legati alla gestione del Grand Hotel Florio, agli appalti nel settore dell’edilizia e ad affari nel giro dei rifiuti. Ad avere organizzato la famiglia mafiosa di Favignana sarebbe stato Vito D’Angelo – detto il vecchio – referente di Francesco Virga (figlio del boss ergastolano Vincenzo e reggente, insieme al fratello Pietro, della propaggine trapanese di Cosa nostra). Protagonisti principali delle attività imprenditoriali sull’isola, stando a quanto ricostruito dalla dda di Palermo, sarebbero stati Vincenzo Ferrara (detto Nico nico, ovvero piccolo piccolo), Mario Letizia e Jacob Stelica (detto Andrea). 

Il progetto imprenditoriale più importante, su un’isola che negli ultimi anni ha visto il boom di turisti, è quello per la gestione di uno degli alberghi più noti. A fare gola è un investimento nel settore alberghiero: i fratelli Virga insieme a Mario Letizia e Francesco Peralta ci riescono con la complicità di un farmacista compiacente, Marcello Pollara, ritenuto dagli inquirenti «pienamente consapevole della caratura criminale mafiosa dei suoi soci occulti». Virga spiega alla moglie che «a Favignana ci sono due alberghi e un ristorante, tutto di un signore anziano che ha 90 e rotti anni e non vuole più gestirlo, perché il figlio è cretino e quel vecchio, prima che muore, vuole sistemare questa proprietà». Così viene appositamente creata la società P.H.M Srl. I primi scogli da superare sono quelli di ottenere un accordo con la proprietà (estranea all’inchiesta) e di battere la concorrenza di imprenditori campani. È per questo che viene sfoggiata la forza persuasiva data dall’avere alle spalle i fratelli Virga di cui Pollara rivendica lo spessore criminale di fronte agli antagonisti. «Glielo dobbiamo fare pesare, non è che loro ci vogliono fare le scarpe». L’esperienza naufraga poi per contrasti sulla gestione economica nati tra i soci occulti e la struttura torna ai proprietari.

Non solo turismo. Gli interessi di Cosa nostra a Favignana si concentrano pure nel settore dell’edilizia. Anche in questo caso, l’escamotage è quello di costituire una società – la V. M. Costruzioni Srls – fittiziamente intestata a prestanomi ma diretta espressione della famiglia mafiosa. La società vede la luce il 14 ottobre del 2016 con l’intento di «tenere tutto in regola, questa si deve tenere zenit» per portare «almeno 3.000 euro al mese. Non sono soldi?». Oltre alla realizzazione di alcune villette nella zona di Marsala, tra gli affari di cui si ragiona c’è anche la ristrutturazione di una imponente struttura composta da trentacinque camere e dei sotterranei, per un valore di quattro milioni di euro, trattativa che resta nello stato embrionale. È in quest’ambito, inoltre, che nascono delle controversie economiche che vengono sottoposte all’attenzione di Virga, per i mancati pagamenti per i lavori eseguiti sull’isola da società agrigentine che si erano aggiudicate una gara d’appalto per un importo complessivo di 731.617,20 euro, per eseguire i lavori di completamento della rete fognante e la realizzazione dell’impianto di sollevamento e riqualificazione del lungomare Duilio. Luogo di appuntamenti è spesso il negozio Lo Scrigno – da cui prende il nome l’operazione – nelle disponibilità di Virga e della moglie. 

In una circostanza, dai discorsi si passa ai fatti con un danneggiamento ordinato nei confronti di un imprenditore che non avrebbe onorato i debiti e sarebbe stato anche colpevole di avere sottratto lavoro ad alcuni imprenditori legali al sodalizio mafioso. «Se mi fai un lavoro te lo regalo io questo biglietto». Un volo aereo per tornare in Romania, durante le festività natalizie, è la merce di scambio utilizzata dal mandante per convincere Jacob Stelica – meglio noto con il nome italiano di Andrea – a fargli il favore di incendiare un escavatore dell’imprenditore la notte tra il 13 e il 14 novembre del 2016. «Si sta allargando per colpa vostra perché gli date la mano e si è preso tutta la mano con tutto il piede», dice l’uomo di origine rumena con qualche titubanza sul modo di dire ma condividendo pienamente il progetto criminale ai danni dell’imprenditore che «gliene ha tolto lavoro a Mario (Letizia, ndr) un mare». Mezzo litro di nafta, una «sucalora» (il classico tubo di gomma utilizzato per prelevare carburante da un qualsiasi tipo di serbatoio) e il lavoro è fatto. 

La riunione organizzata, nel febbraio del 2017, nel baglio di Vito D’Angelo ha all’ordine del giorno un nuovo oggetto di business da avviare a Favignana. A discutere nel cortile dell’affare che riguarda la raccolta degli inerti su alcuni cantieri allestiti sull’isola ci sono Francesco Peralta, Mario Letizia e Giuseppe Piccione. C’è da definire i particolari per trasportare sull’isola i classi raccoglitori da collocare nei cantieri interessati. È Piccione a spiegare a Virga i dettagli delle modalità di trasporto dei «cassoni» sull’isola e a esporre le autorizzazioni necessarie da richiedere agli uffici comunali competenti – incombenza quest’ultima affidata a Letizia – le informazioni per il successivo smaltimento e gli accordi per la equa ripartizione dei guadagni tra i due gruppi criminali a prescindere dal numero dei rispettivi membri. «Mettiamo che restano dieci lire, mettiamo quattro lire, due ve le prendete voi (si riferisce alla famiglia mafiosa di Trapani, ndr) voi siete quattro o cinque, uno due, non mi interessa degli estranei». Virga, avendo ben compreso il senso del discorso, replicava: «Quelli che siamo, siamo!».  


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