Gli “acchiappafantasmi” incappucciati

Se Bernardo Provenzano è stato un fantasma per oltre quarant’anni è vero anche che alle sue spalle ha avuto dei “ghostbuster”, degli “acchiappafantasmi”, come li definisce Piero Grasso procuratore nazionale antimafia. Ma chi sono gli uomini che per decenni hanno cercato Binnu Provenzano? Li abbiamo visti incappucciati a Palermo per Totò Reina e poi a Catania per Nitto Santapaola o ancora a Palermo per Brusca. Ogni volta che un latitante di Mafia viene arrestato il merito è soprattutto loro. Gli uomini incappucciati che alzano il braccio e urlano in segno di vittoria. Sono loro il braccio invisibile dei procuratori.

Nel recente film il Fantasma di Corleone di Marco Amante vi è una toccante descrizione da parte del capo della squadra mobile di Trapani Giuseppe Liners che parla dei suoi uomini, di gente invisibile che sta ad ascoltare le intercettazioni per giorni, che pedina, che non dorme la notte, che si incappuccia. Che arriva anche ad immedesimarsi nella “preda” pur essendo “cacciatore”. Ed è così per ogni procura antimafia che in tutta la Sicilia da la caccia a boss latitanti, a fantasmi come Bernardo Provenzano.

Sono gli uomini invisibili che hanno piazzato la microtelecamera a più di un chilometro e mezzo di distanza e che ha filmato il braccio di Binnu u Truttaturi che raccoglieva una vascedda di ricotta. La squadra che per circa 6 anni è stata dietro, giorno e notte, a U Tratturi Provenzano è composta da trenta uomini capitanati da Piero Cortese il superpoliziotto dello Sco, a sua volta coordinato dai pm Prestipino e Marzia Sabella.  Per primo, Cortese, ha visto Provenzano e a Repubblica dichiara:  “ho avuto la sensazione di averlo sempre conosciuto, non ho avuto neanche la necessità di chiedergli se era lui”. Quel braccio fuori dalla porta del casolare è stato il segnale che ha fatto scattare il blitz.  Il resto è noto, o meglio è oggetto di indagine in queste ore. Non si vuole commettere l’errore fatto per il covo di Totò Reina.

C’è un curioso legame che collega l’arresto di Totò Riina, condotto da un altro (ex) “ghostbuster” il glorioso capitano Ultimo, e quello di Provenzano. Nel casolare dove Provenzano si rifugiava è stato trovato il libro del capitano Ultimo: “L’azione, tecniche di lotte anticrimine”. Il capitolo sull’omicidio dalla Chiesa era sottolineato. Bernardo Provenzano porta dietro di se troppi segreti, troppe informazioni che riguardano gli ultimi 40 anni di storia e di omicidi mafiosi, di collusioni tra politica, mondo degli affari e un pezzo di società siciliana. Lo stesso Grasso, procuratore nazionale antimafia, ha in queste ore dichiarato che Provenzano è stato “aiutato da politici e imprenditori”.

Tra le altre cose trovate, oltre alla sua inseparabile macchina da scrivere con cui componeva i famosi pizzini, c’erano pure dei “santini” elettorali del sindaco di Corleone Nicolò Nicolosi, del Patto per la Sicilia. I ben informati lo vogliono vicino (e prossimo) all’Udc capitanato in Sicilia da Salvatore Cuffaro, da poco eletto al Parlamento e candidato alla Presidenza della Regione. Nel covo di Provenzano sono stati trovati anche i suoi di santini.


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