Può ritenersi soddisfatto a metà Giuseppe Ferrarello, candidato alla Regione come deputato, che nella corsa al governo siciliano, ha scelto di appoggiare Micari presidente, nella lista di sindaci creata da Leoluca Orlando, Arcipelago Sicilia. Non gli ha voltato le spalle il paese dove è stato primo cittadino per ben dieci anni, Gangi, qui Ferrarello ha fatto bottino pieno con ben 3067 preferenze su poco più di quattro mila elettori che si sono recati alle urne nel borgo più bello d’Italia.
Stando ai risultati sopraggiunti da molti comuni delle Madonie, il gangitano è stato appoggiato ovunque: eloquente il risultato a Cefalù (147 preferenze), Castelbuono (230), San Mauro (83), Pollina (44) e persino Valledolmo (50). Ma la candidatura di Ferrarello aveva un significato più profondo, che sta poi alla base dell’idea della lista Arcipelago voluta dal sindaco di Palermo: proporre uomini che vivono il contatto diretto con il territorio, che possono lavorare in funzione della conoscenza e dell’esperienza maturata laddove la politica del più alto livello regionale può apparire distante e inefficace.
Ferrarello, però, non ce l’ha fatta. Non sarà un sindaco in Regione. Allargando il campo visivo ai risultati complessivi che hanno restituito i seggi, con il centro sinistra mai entrato davvero nella gara, Ferrarello può assurgere a esempio di quanto la sinistra sia stata poco unita nella competizione. In molti non hanno accolto l’idea di Orlando, preferendo altri cavalli nella corsa, come per esempio il caso Giovanni Meli, ex sindaco di Collesano. In generale si è risentito di una spaccatura avvertita anche nel territorio delle Madonie, con una componente molto forte che ha voluto rompere con questo sistema.
Il metodo Orlando infatti, per quanto efficace nella città di Palermo, non ha avuto lo stesso valore a livello regionale, considerato che nella provincia di Messina la lista non si è nemmeno stata chiusa. Così, un candidato molto forte e popolare, paga il dazio di una frangia di contestazione che ha preferito appoggiare le roccaforti palermitane, sacrificando una più decisiva rappresentanza territoriale che parte già monca nel combattere le istanze delle Madonie (infrastrutture su tutte).
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