Oggi avrebbe quasi quarant'anni il 14enne ucciso l'11 gennaio del 1996 in un casolare nelle campagne di San Giuseppe Jato. Previsti per domani una cerimonia nella chiesa di Altofonte e la scopertura di una mattonella commemorativa
Giuseppe Di Matteo, il ragazzino sciolto nell’acido dalla mafia Il ricordo e le iniziative dopo 25 anni. «Trauma incancellabile»
Oggi avrebbe quasi 40 anni Giuseppe Di Matteo, il ragazzino strangolato e sciolto nell’acido in un casolare nelle campagne di San Giuseppe Jato (nel Palermitano) l’11 gennaio di 25 anni fa, a pochi giorni dal suo 15esimo compleanno. «Alliberateve de lu cagnuleddu (sbarazzatevi del cagnolino, ndr)» era stato l’ordine arrivato dal boss Giovanni Brusca ai tre carcerieri Giuseppe Monticciolo, Enzo Brusca (suo fratello) e Vincenzo Chiodo.
Amante dei cavalli e appassionato di equitazione, Giuseppe era stato rapito da un maneggio di Piana degli Albanesi il 23 novembre del 1993 da un commando di uomini di Brancaccio (travestiti da agenti della Dia) su ordine dei capimafia Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca. Durante la prigionia, Giuseppe è stato spostato a bordo di vecchi furgoncini, in diversi covi, masserie isolate delle province di Palermo, Trapani e Agrigento. L’obiettivo dei mafiosi era convincere suo padre Santino Di Matteo, diventato collaboratore di giustizia, a ritrattare le accuse verso i suoi ex sodali mafiosi e smettere di rivelare i retroscena della strage di Capaci.
«Il bambino si è messo faccia al muro – è il macabro racconto che fa il killer Vincenzo Chiodo degli ultimi istanti di vita del ragazzino – Io ci sono andato da dietro e ci ho messo la corda al collo. Tirandolo con uno sbalzo forte, me lo sono tirato indietro e l’ho appoggiato a terra…Enzo Brusca si è messo sopra, e Monticciolo si è messo sulle gambe del bambino per evitare che si muovesse. Il bambino non ha capito niente, era molto molle sembrava fatto di burro. L’abbiamo messo nell’acido e ce ne siamo andati». Andati a dormire, come se nulla fosse.
Intanto, la giustizia ha fatto il suo corso: condannati all’ergastolo quali mandanti oltre Gaspare Spatuzza e Giovanni Brusca, anche altri uomini di primo piano di Cosa nostra come Giuseppe Graviano, Leoluca Bagarella e Matteo Messina Denaro. Condannati pure gli esecutori. «Oggi Giuseppe avrebbe quarant’anni – dice Angelina De Luca, la sindaca di Altofonte, paese in cui era nato – all’incirca la mia età. Per noi, allora ragazzini del paese, la sua scomparsa e poi la morte è sempre stata un trauma incancellabile». Per ricordarlo, domani è stata organizzata una giornata con diverse iniziative.
Domani alle 10 nel salone parrocchiale della chiesa madre di Altofonte si terrà la cerimonia commemorativa alla quale parteciperanno anche l’assessore regionale all’Istruzione Roberto Lagalla e il presidente della commissione antimafia dell’Ars Claudio Fava. In collegamento ci saranno Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare antimafia e Cinzia Leone, vicepresidente della commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere. Poi la commemorazione proseguirà a San Giuseppe Jato, nella masseria in cui fu ucciso Giuseppe, diventata oggi Giardino della Memoria. Infine, alle 12,30 in piazza Falcone e Borsellino avverrà la scopertura di una mattonella commemorativa con gli insegnanti e gli alunni coinvolti nel campo estivo di Libera dedicato al ricordo di Giuseppe Di Matteo.