Giovani detenuti del Malaspina restaurano reperti punici Al Salinas in mostra il progetto Mettiamo insieme i cocci 

Hanno imparato a restaurare reperti punici di 2500 anni fa, rimettendo insieme i cocci dei vasi e quelli delle loro esistenze spezzate da un errore di percorso: sette ragazzi italiani e stranieri dell’istituto penale Malaspina hanno partecipato per tre mesi al progetto sociale del museo Salinas di Palermo intitolato Mettiamo insieme i cocci. Ora, il risultato di questa collaborazione tra giustizia riparativa e archeologia sarà in mostra fino al 25 marzo in una sala del museo, con ingresso libero dal martedi al sabato dalle 9.30 alle 18.30 e la domenica mattina fino alle 13. 

A guidarli un team di professionisti del Salinas, come l’antropologa Emanuela Palmisano, gli archeologi Alessandra Merra, Emanuele Tornatore, i restauratori Alessandra Barreca e Alessandra Carrubba e la videomaker Giusi Garrubbo del Museo Salinas. Per la prima volta grazie a questo progetto sono stati portati all’interno di un istituto penale dei reperti archeologici autentici della Palermo punica rinvenuti in frammenti nel corso di diverse campagne di scavo svolte all’interno della necropoli dell’antica città di fondazione fenicia. 

«Abbiamo raccontato una storia antica ma attuale, una storia fatta di arrivi, di incontri, di mediazioni, di integrazione – ha detto Francesca Spatafora, direttore del Museo Salinas – suscitando una partecipazione attiva e un sincero interesse utile ad accorciare quelle distanze culturali, religiose, razziali che oggi, a volte, alimentano separazioni e intolleranze. Ai ragazzi abbiamo affidato oggetti di oltre duemila anni fa che però trovavano riscontro nelle abitudini del presente e nelle tradizioni connesse alla preparazione e al consumo dei cibi, alla lavorazione della ceramica, al trasporto di merci e di risorse alimentari».

Prima un ciclo di incontri poi i laboratori dove i giovani hanno imparato a ricostruire con attenzione e assemblare i vari frammenti. «È stato un momento di trasmissione non soltanto del sapere scientifico ma soprattutto di valori umani – ha detto Michelangelo Capitano, direttore dell’Istituto penale per i minorenni di Palermo – di rispetto dell’altro e di valorizzazione delle abilità proprie di ciascun giovane». Una forma di responsabilità sociale sposata dal museo che ha voluto utilizzare la storia e le testimonianze del passato come mediatori culturali capaci per superare le barriere e creare dei valori relazionali.


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