Oggi alle 20 sarà al cinema King, mentre domani - alla stessa ora - è atteso al Centro Zo. L'agenda della due giorni catanese dell'autore romano è ricca di appuntamenti. E sarà il suo primo impatto con la città. «Spero di essere meravigliato e stupito», dice sulle sue aspettative. E parla delle periferie
Giordano Meacci, uno scrittore tra cinema e romanzi «La mia immagine di Catania viene dalla letteratura»
«Spero di essere meravigliato e stupito». Queste le aspettative dello scrittore e sceneggiatore romano Giordano Meacci a poche ore dal primo incontro con Catania, città che lo ospiterà per una due giorni in occasione dell’ultimo appuntamento della rassegna Off Cinestudio, Conversazioni sul cinema. Facendo suo l’insegnamento del poeta Attilio Bertolucci, Meacci vuole prendere la quotidianità delle cose giorno per giorno. «Essendo Catania un luogo di cui ho solo un’immagine letteraria o artistica – dice – quello che vorrei è essere sorpreso e nello stesso tempo avere la sensazione di incontrare un vecchio amico». Il primo incontro dal titolo La bellezza, la verità, la realtà sarà oggi alle 20 al cinema King, mentre a ospitarlo al centro Zo martedì 22 alle 20 sarà l’evento Leggo. Presente indicativo, organizzato in collaborazione con Radio Lab, Cinestudio Catania e Libreria Vicolostretto.
Due serate in compagnia dello scrittore romano per parlare di sceneggiature e romanzi, due passioni che Meacci riesce a coniugare armoniosamente. Una pluralità di voci la prima, un lavoro soggettivo la seconda, accomunate dal fatto di essere forme dell’arte, tentativi di bellezza. «La scrittura è differente tra i due mezzi – spiega Giordano Meacci -. Nei libri si può dilatare il tempo narrativo, nei film non si può perché tutto viene immediatamente visto». Ma scrivere vuol dire soprattutto «declinare la scrittura a seconda dei contesti, anche gestendo ambiti diversi e attraversando i vari universi che si conoscono».
Durante il primo appuntamento si parlerà di sceneggiature prendendo spunto dall’ultima esperienza di Meacci, la scrittura di Non essere cattivo, che nasce dalla volontà di Claudio Caligari e racconta della amicizia tra Cesare e Vittorio, due nomi non scelti per caso. «Caligari voleva fare un film che fosse il terzo atto di una trilogia sua e di Pier Paolo Pasolini – spiega lo sceneggiatore – e per questo ha scelto il nome dei protagonisti di Amore tossico e Accattoni». Nel film, ambientato nella Ostia degli anni 90, emergono anche problemi legati alle periferie e ai quartieri degradati, temi non distanti dalla realtà catanese. «Il racconto viene declinato da un lato attraverso la storia della loro amicizia, e dall’altro dalla necessità di raccontare un momento di passaggio dell’Italia e quella che Caligari chiamava l’ultima borgata, cioè Ostia». Ma con l’arte si raccontano le periferie di tutto il mondo e l’opera acquista un valore universale, diventando rappresentativa di tutti i luoghi.
Nel secondo appuntamento verrà approfondito invece il tema del romanzo e si parlerà de Il cinghiale che uccise Liberty Valance. In quello che Meacci definisce «il romanzo di formazione di un cinghiale» confluiscono «una serie di ossessioni che coltivo e allevo». Una di queste è Corsignano, il paese inventato a confine tra la Toscana e l’Umbria dove la storia, ambientata tra il 1999 e il 2000, si svolge. Da una parte, come spiega l’autore, ci sono gli abitanti del posto, ognuno con la propria vita, gioie e dolori, e dall’altra il gruppo dei cinghiali guidato da uno che a un certo punto viene folgorato dall’intuizione di imparare il linguaggio di quelli che chiama «gli altri sulle zampe», gli esseri umani. E questo porterà conseguenze comiche e grottesche.
«Ho lavorato molto sulla lingua, ma volevo che avesse anche la carne e il sangue del dolore, della gioia e dei sentimenti vivi che ho trovato nei romanzi che ho amato di più». Tra il pubblico delle due serate previsti tanti giovani, continuamente accusati di essere ormai lontani dalla cultura e dal mondo dei libri, del cinema, del teatro. «Siamo in un periodo di passaggio – sottolinea Meacci – cinema, pubblicità e media hanno influenzato la resa artistica e i fruitori dell’arte». Ma non c’è motivo di disperare perché «i valori dei ragazzi di oggi sono differenti, ma come diceva Fabrizio De Andrè, hanno la stessa urgenza di proporsi». Per questo l’ospite romano si augura che «tutte le generazione trovino una chiave per manifestare l’arte del loro tempo e renderla universale».