«Non s’è fermato nessuno. È rimasto per strada, dove lo avevano scaricato, per quasi sette ore, sotto la pioggia». È ancora incredulo, mentre lo racconta, Luca Antonio Labollita. Questa, però, non è una storia come le altre. È quella di suo cugino Gianluca Di Gioia, l’insegnate di inglese 36enne originario di Caltavuturo aggredito nel Laos e adesso ricoverato a Bangkok. Viaggiare è una sua grande passione. Era partito da solo circa due settimane fa, con lo zaino in spalla e la solita grande voglia di conoscere posti nuovi. Aveva già attraversato la Thailandia e contava di visitare anche gli stati vicini, dal Vietnam al Myanmar. Qualcosa però, il 24 agosto, ha bloccato i suoi progetti. «Gli hanno preso il bancomat, le carte di credito, i pochi soldi che aveva addosso e il cellulare – continua il racconto del cugino – Lo hanno trovato in stato di semi incoscienza, quasi in fin di vita. I passanti lo hanno ignorato, a trovarlo è stata la polizia locale, che ha allertato subito i soccorsi e anche l’ambasciata italiana, che a sua volta ha provveduto ad avvisare la famiglia».
La madre e il fratello Salvatore sono partiti subito per raggiungerlo. I dottori non si sbilanciano troppo, «sappiamo che hanno tentato due volte di risvegliarlo ma ha reagito così così, né male né bene, quindi hanno nuovamente indotto il coma farmacologico». È proprio per queste condizioni così precarie che finora non hanno autorizzato un suo trasferimento in Italia. «Lunedì però dovrebbero dirci se ed eventualmente quando potrà partire – spiega ancora il cugino – La sanità lì è privata e lui purtroppo non aveva fatto alcuna assicurazione a riguardo, certo non poteva immaginare una simile disavventura». Il costo per le cure giornaliere che riceve nella clinica in cui è ricoverato si aggira intorno ai 2.500 euro. Da qui l’idea della raccolta fondi a mezzo social, attraverso il gruppo pubblico su Facebook intitolato Aiutiamo Gianluca (Il Digio): «Per l’aeroambulanza abbiamo già raccolto la somma necessaria, abbiamo a disposizione circa 104 mila euro. Ma intanto i soldi continuano a servire per i giorni in cui Gianluca starà ancora lì ricoverato, purtroppo non si può stabilire quanti giorni dovranno ancora passare», precisa Labollita.
Intanto la polizia locale sta indagando per ricostruire quanto accaduto quel giorno al giovane insegnante. Ma i familiari non sono troppo ottimisti: «Stiamo parlando di un paese povero e con milioni di abitanti. Lui è stato trovato dopo molto tempo incosciente nel mezzo della città, penso sia davvero difficile riuscire a risalire ai responsabili», continua il cugino. L’ipotesi ufficiale al momento è che possa aver conosciuto qualcuno, forse una ragazza o un gruppo di ragazzi coi quali avrà bevuto insieme e che in quell’occasione potrebbero averlo avvelenato, probabilmente per fare in modo che lui non potesse reagire al momento della rapina. «Non lo hanno picchiato, sul suo corpo non sono stati ritrovati segni di violenza, tranne una botta alla testa compatibile con la caduta in strada, lì poi dov’è stato ritrovato. Hanno aspettato che il veleno agisse e lo stordisse del tutto – racconta Labollita – Ma come sono andate effettivamente le cose solo lui potrà raccontarlo, non appena si sarà risvegliato e se ricorderà i dettagli di quel giorno».
I genitori conosco solo le condizioni in cui è stato ritrovato il figlio e la presenza di un veleno o di una potente droga, accertata dagli esami medici, che lo ha quasi ucciso. «Sono in contatto continuo con il fratello, ci sentiamo in videochiamata per tutti gli aggiornamenti. Siamo riusciti per fortuna a far conoscere questa storia a livello nazionale, grazie al gruppo Facebook che ho creato per raccogliere i soldi necessari. Sono contento dei risultati già raggiunti – conclude – e delle numerose adesioni e dell’interesse suscitato, meno male. Adesso speriamo solo che Gianluca si risvegli presto».
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