Dopo ventitré anni e sette mesi dalla morte di Giancarlo Siani, il Premio giornalistico “Una storia ancora da raccontare” – giunto alla sua terza edizione e organizzato in collaborazione con l’associazione Ilaria Alpi – ha dato la possibilità, ancora una volta, ‹‹di far rivivere le parole, asciutte ma incisive, di un grande cronista, le parole di una vita spesa per la ricerca della verità››. Una descrizione semplice ma esemplificativa, quella del fratello di Giancarlo, Paolo Siani, intervenuto all’evento. Lui fa un altro lavoro, il medico, ma afferma con orgoglio che ‹‹tutti i mestieri nell’intento sono uguali se sono fatti con convinzione e passione. E Giancarlo era un ‘giornalista-giornalista’ che nelle redazioni amava portare la verità››. Così viene menzionato il film “Fortàpasc” di Marco Risi, un gioiello del cinema che parla di questo campo tanto rincorso ma non sempre ben ‘arato’ .
Giancarlo Siani è stato il primo giornalista ad essere ucciso dalla camorra – a Napoli il 23 settembre 1985 – e il dossier d’inchiesta su cui stava lavorando non fu mai ritrovato. ‹‹Ciò che ci ha colpito dei suoi articoli è che sono sempre attuali›› ha detto il presidente di Libera Informazione, Roberto Morrione.
Durante l’incontro è stato raccontato lo stile di quel giornalista, 26enne, de Il Mattino, che Rosario Esposito La Rossa (fondatore associazione Voci di Scampia) oggi ha definito ‹‹un ragazzo che non è mai sceso a patti››.
Quello di Siani sembra essere uno stile che è difficile da trovare ora, dicono gli ospiti nonché giurati del “Premio”. Un ringraziamento, però, viene indirizzato ai giovani che rappresentano uno spiraglio di speranza. A testimoniarlo i lavori pervenuti per il concorso.
Per la carta stampata ha vinto Alberto Solmi, per essere riuscito a raccontare – legge la motivazione il presidente dell‘Ordine dei Giornalisti della Campania, Ottavio Lucarelli – “con uno stile essenziale e incisivo il ritratto di Siani […] con una lucida analisi del suo impegno di cronista di denuncia nel sistema di complicità politiche di cui si avvale la camorra”. Per la sezione video, invece, vince la coppia campano-emiliana Sandro Di Domenico e Federico Tosi. Lucarelli spiega: “Si tratta di un’analisi non superficiale delle radici sociali e ambientali del potere criminale”; tanti i lavori meritevoli, ma abbiamo deciso di scegliere il loro perché è fatto da interviste originali e non da materiale di repertorio”, parola del giornalista Lirio Abbate.
“Siani rappresentava il giornalismo serio che scende in strada, stile asciutto, documentale, senza fronzoli”. Alessandro Cataldo, direttore UniCredit, ha aggiunto: “Io ritengo che noi napoletani abbiamo un debito non pagato nei confronti di Giancarlo, perché dal 1985 la camorra continua a vivere e a proliferare”. Ci fa una confidenza: “Ho difficoltà ad entrare in un bar, in un negozio perché immagino sia gestito dalla camorra. Non bisogna solo arrestarne gli esponenti, allora, ma occorre colpirli sul piano economico, impedire che possano reinvestire i loro patrimoni. Spero che i giovani aiutino noi meno giovani che non abbiamo avuto il coraggio di combattere”.
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