Le immagini accompagnano l'uscita della canzone, scritta da cantautore siciliano: «La mia intenzione non è abusare dell'immagine sacra ma raccontare la storia di un 33enne speciale per denunciare la condizione di poveri cristi spesso sfruttati». Un testo autobiografico: «Ho fatto anch'io questo lavoro, ma bisogna ribellarsi». Guarda il video
Gesù il precario, a Lavoro in un call center Il videoclip denuncia del cantante Paolo Antonio
I giovani lavoratori dei call center rappresentati come moderni Gesù Cristo. È la provocazione lanciata nel nuovo videoclip del cantautore siciliano Paolo Antonio, che accompagna l’uscita del brano Lavoro in un call center. «La mia intenzione non è abusare dell’immagine sacra ai cristiani – spiega l’artista, che già in passato ha toccato tematiche sociali con i suoi brani – ma prendere in prestito l’icona del sacrificio per eccellenza per denunciare la condizione di lavoratori spesso sfruttati». Nel video, a Gesù vengono fatti indossare i panni di un precario. «Se avessi raccontato la storia di un precario qualunque, non avrei ottenuto lo stesso effetto. Raccontare la vita di un trentatreenne molto speciale ha reso speciale questa vicenda».
http://www.youtube.com/watch?v=peesXgZB0CE
Le immagini, per la regia di Marco Pirrello, mostrano «i precari come tanti poveri cristi, flagellati giorno dopo giorno e destinati a una crocifissione già segnata: la scadenza del contratto». Il testo della canzone è autobiografico, «nei call center ci sono passato anch’io – continua Paolo Antonio -. Ti convinci che è solo per un periodo, che prima o poi troverai un lavoro vero. Nel frattempo hai gettato al vento mesi o anni della tua vita». Il finale del video, interamente autoprodotto dal cantautore, «vuole rappresentare la riconquista delle proprie passioni, contro l’alienazione a cui si è solitamente sottoposti». Pure se «difficilmente questo è un mestiere che si fa per scelta – conclude -, credo che a un certo punto bisogna ribellarsi. Quando si tratta di dignità del lavoro non bisogna scendere a compromessi».