La Corte d'Assise d'Appello di Caltanissetta ha assolto Giuseppa Savatta perché «una nuova perizia ha confermato che è incapace di intendere e di volere», spiega a MeridioNews l'avvocato Pietro Pistone. Nessun risarcimento per il padre delle bambine
Gela: uccise le figlie, assolta per incapacità di intendere Avvocato: «Soffre di delirio persecutorio e schizofrenia»
Assolta perché incapace di intendere e di volere. È questa la decisione della Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta nei confronti di Giuseppa Savatta, l’insegnante 44enne che il 27 dicembre del 2016 ha ucciso le sue due figlie – Maria Sofia di 9 anni e Gaia di 7 – nella loro abitazione in via Passaniti, nel cuore del centro storico di Gela. Nessun risarcimento è stato riconosciuto per l’ex marito della professoressa e padre delle due bambine, Vincenzo Trainito, che si è costituito parte civile nel processo. «Il giudizio – spiega a MeridioNews l’avvocato Pietro Pistone che difende la donna insieme alla collega Luisa Campisi – è arrivato dopo una nuova perizia fatta su istanza della parte civile. Anche in secondo grado, è stato confermato quanto già emerso anche in sede di incidente probatorio».
L’assoluzione della madre è arrivata per la non imputabilità. «La mia assistita oggi non sta affatto bene – afferma il legale – anzi, rispetto a un anno fa, i periti nominati dalla Corte d’Assise d’Appello hanno stabilità che la sua patologia sembra essere più grave rispetto a quella precedentemente riscontrata». La donna, che si trova in una struttura Rems (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza) perché è ritenuta socialmente pericolosa, soffre di un «delirio persecutorio con tratti di schizofrenia – conferma l’avvocato Pistone – e non sta rispondendo adeguatamente al trattamento farmacologico cui è sottoposta».
I corpi delle due bimbe furono trovati dal padre ancora in pigiama, una nella sua cameretta e l’altra nel corridoio. Il medico legale aveva individuato tracce di candeggina nello stomaco delle due bambine ma nessun segno di violenza. La donna è stata accusata di averle soffocate con le mani dopo averle costrette a ingurgitare il liquido tossico. Subito dopo il duplice infanticidio, la donna aveva provato a bere la candeggina e a scavalcare il balcone per lanciarsi ma sarebbe stata fermata dal marito, giunto sul posto.
Alla base del gesto, stando a quanto aveva raccontato la stessa madre al giudice per le indagini preliminari, ci sarebbe stata una forte depressione – di cui la donna avrebbe sofferto da quando il padre, diversi anni prima, si era suicidato per un tumore gettandosi dal balcone – e il timore che il marito le portasse via le bambine dopo la separazione più volte paventata. «Non sono pazza, l’ho fatto per il loro bene», aveva continuato a ripetere Savatta agli infermieri e ai medici del reparto di Psichiatria dell’ospedale Vittorio Emanuele, dove era stata ricoverata dopo il delitto.