Sesto giorno di mobilitazione e i presidi diventano cinque. Alcuni gruppi si sono spostati al metanodotto Greenstream e agli accessi della Raffineria. Politica e sindacati concentrati sulla manifestazione cittadina di domani. Mentre i lavoratori dell'indotto dicono a Eni: «Siamo noi ora a non volervi più»
Gela, operai bloccano il gasdotto Libia-Italia Anche i preti invitano ad aderire alla protesta
Al settimo giorno di blocchi, i presidi degli operai aumentano e diventano cinque. Da oggi la protesta si è spostata anche al Greenstream, il gasdotto che collega la Libia all’Italia e fornisce l’approvvigionamento di metano, e agli accessi alla Raffineria. «Abbiamo alzato il tiro», dicono i lavoratori e gli ex lavoratori dell’indotto. E un primo risultano l’hanno già ottenuto: il Greenstream, che dopo gli attentati di Parigi è definito dallo Stato «obiettivo sensibile», funziona adesso a regime minimo.
«Anche il metanodotto in realtà era già in crisi da tempo – sostiene un lavoratore che solidarizza col presidio -. Dai 35 milioni di euro al giorno che si guadagnavano qualche anno fa, siamo arrivati ad appena quattro al giorno». Settimana difficile e importante quella che si apre oggi per gli operai. Tocca alla politica e ai sindacati dimostrare di essere capaci di dare risposte. I 30 consiglieri comunali sono assorbiti dall’organizzazione della manifestazione cittadina che si terrà domani, martedì 26 gennaio, a partire dalle ore 9.30. Ieri, durante le messe della domenica sono stati numerosi i preti, di Gela e non solo, che hanno invitato i fedeli a partecipare al corteo.
«Uniti per il lavoro e la salute», è lo slogan più ricorrente, che mostra in realtà come sui contenuti delle rivendicazioni le rappresentanze politiche non siano riuscite a mettersi d’accordo. Come raggiungere l’obiettivo? Con Eni in versione green o senza la presenza del cane a sei zampe? Attraverso le bonifiche o attraverso la creazione di alternative economiche? Sembra più chiara la posizione della giunta Messinese. Che allo scorso incontro del 21 gennaio sull’attuazione dell’accordo di programma, ha ottenuto un rinvio al 27 sul tema della protesta. «A Roma abbiamo lasciato una partita aperta – ha scritto il primo cittadino sulla propria pagina Facebook -. Una cosa è certa: Gela stavolta non cederà ad accordi inconsistenti».
Un riferimento nemmeno tanto velato al famigerato protocollo d’intesa del 6 novembre 2014. Sul quale invece i sindacati confederali fanno quadrato, difendendolo e invocando il pieno rispetto degli accordi. L’amministrazione comunale, invece, punta ad un hub energetico green con uno sbocco intermodale, per far diventare il porto di Gela un punto strategico nel Mediterraneo per quel che riguarda lo scambio di merci. E nel frattempo continua il pressing per ottenere gli ammortizzatori sociali straordinari come sostegno agli operai rimasti. Su quelli in deroga la competenza è della Regione siciliana, che già a dicembre si è fatta carico dei primi lavoratori, ad esempio di quelli della Smim impianti. Come racconta però il metalmeccanico Pierangelo Agati, «l’Inps mi ha confermato che sono in pagamento quelli relativi al 2014. Chissà quando vedremo i nostri».
Gli operai non sembrano intenzionati a mollare. «Io questo protocollo lo strapperei – dice Angelo -, così come Eni ha strappato gli ultimi cinque, nel corso degli anni. Dobbiamo dirlo forte a quei signori – conclude indicando le ciminiere – noi qui non vi vogliamo più».