Un gruppo trasversale - dalle mogli degli operai ad esponenti Pd, passando per ex assessore M5s - ha incontrato alcuni deputati nazionali per raccontare 50 anni di presenza dell'Eni nella realtà gelese e avanzare le proprie richieste. «Siamo partite dall'alto per risolvere i problemi prima possibile», spiegano
Gela, coordinamento donne arriva a Roma «Perché la politica locale non è più credibile»
Donne, cittadine, madri. Ciascuna con la propria esperienza politica, con la propria storia personale. Insieme per un obiettivo comune: ridare speranza e fiducia alla città di Gela. In una fase storica di crisi che sembra non finire mai, con una riconversione degli impianti che è più nei numeri che nei fatti, il coordinamento delle donne per il territorio da mesi si batte per tenere alta l’attenzione su quel che è accaduto e accade attorno a Gela in 50 anni di presenza industriale che oggi vuole dire soprattutto dismissione e ridimensionamento. «Da altre parti c’è lo Stato» dice Luciana Carfì, una delle fondatrici del coordinamento. «Gela è un’altra terra dei fuochi». L’impegno civico e sociale è trasversale a livello politico. Ci sono donne appartenenti al Pd ed ex assessore pentastellate, insieme a mogli di lavoratori del diretto e di operai dell’indotto. È la partecipazione in prima persona a creare legami.
«Il nostro impegno di donne nasce da una sorta di istinto» dice Simona Culora, che è anche un’attivista a 5stelle. «In quanto donne reggiamo spesso le sorti delle nostre famiglie. È un aspetto importante per la nostra battaglia, ma non vogliamo caratterizzarla unicamente come una questione femminile». Nei giorni scorsi, una delegazione del coordinamento a Roma ha avviato una serie di colloqui con alcune delle principali cariche istituzionali e ha incontrato al Parlamento deputati di diversi schieramenti politici. Da Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro alla Camera, a Ermete Releacci, presidente della commissione Ambiente alla Camera: ammortizzatori sociali e bonifiche a Gela sono legati dal fatto di essere entrambi fermi al palo. Per il coordinamento, degno di nota è stato l’impegno profuso dalla presidente della Camera Laura Boldrini, che dovrebbe confrontarsi sul caso Gela nei prossimi giorni con l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi e con i ministri dell’Ambiente e della Salute Gian Luca Galletti e Beatrice Lorenzin. Le donne gelesi hanno presentato una serie di dati e di richieste per il territorio che hanno sorpreso, almeno nelle impressioni dei presenti, gli interlocutori istituzionali.
L’esito di questi incontri verrà reso noto all’assemblea cittadina che si terrà martedì 21 a partire dalle ore 19 presso il Convitto Pignatelli. Insieme poi si stabiliranno le prossime mosse. «A Roma non conoscevano per nulla la nostra realtà, ciò che sta succedendo a Gela – dice Luciana Carfì -. Abbiamo notato che lo stesso Pd è in difficoltà rispetto alle scelte fatte. Noi siamo partite dall’alto e non dal basso proprio per provare a risolvere i problemi prima possibile. Anche perché la politica a livello locale non è più credibile. Nei nostri confronti, ad esempio, abbiamo registrato soprattutto freddezza. Fanno finta che non esistiamo». Mentre esistono e continuano a imperversare gli effetti nocivi di un’industria che ieri inquinava e oggi sembra abbandonare il territorio. E se Eni continua a tranquillizzare la cittadinanza coi propri dati, i numeri del coordinamento dicono altro. «Da quando si è costituito il comitato, cinque donne che ne fanno parte hanno scoperto di avere un tumore al seno – racconta Simona Culora -. Due bambini sono nati malformati, di cui uno è stato subito operato per un tumore al cervello. Negli ultimi due mesi ci sono stati sette suicidi ricollegabili alla crisi economica».