"la crisi della prima repubblica ha portato uno sbandamento della classe politica meridionale drammatico e quasi totale". Lo afferma giuseppe galasso, storico e meridionalista, in un'intervista al mattino, in cui spiega:
Galasso: “Al Sud Italia manca una classe politica di qualità”
“La crisi della prima Repubblica ha portato uno sbandamento della classe politica meridionale drammatico e quasi totale”. Lo afferma Giuseppe Galasso, storico e meridionalista, in un’intervista al Mattino, in cui spiega:
“Nel Sud la classe politica non era piu’ corrotta di quella nazionale ma la sua forza era soprattutto elettorale e non si traduceva in una corrispondente forza e aggregazione politica e sociale, per cui nel passaggio dalla prima alla seconda Repubblica, venute meno le condizioni dell’influenza elettorale, ci si è trovati di fronte a un vero e proprio naufragio di un modello superato dai tempi.
Caduta la prima Repubblica – aggiunge Galasso- le novita’ sono venute tutte dal Nord, compresa quella, odiosa, della Lega. Per ridurre il divario con le regioni settentrionali non credo a politiche specifiche. Usciremo dalla crisi se sapremo selezionare una classe dirigente locale e nazionale all’altezza e se sapremo, come sistema Paese, recuperare peso internazionale”.
Non è la prima volta che lo storico napoletano analizza in questi termini la questione meridionale. E non ha torto. Inutile rivendicare correttezza dallo Stato, che pure come dimostrato dalla Svimez, l’Associazione per lo Sviluppo industriale del Mezzogiorno, negli ultimi decenni ha concentrato gli investimenti al Nord, se nel Sud ci sono politici pronti a svendere le loro regioni per pura carriera personale se non avidità.
Manco a dirlo, la Sicilia offre l’esempio peggiore. Con il Governo Crocetta, infatti, si è toccato il fondo. Mai si era visto, nella storia di questa Isola, un Presidente della Regione talmente piegato alle burocrazie ministeriali e alle segreterie nazionali, da accettare un assessore all’Economia inviato da Roma, per fare gli interessi del Governo nazionale che pur di rispondere ai diktat delle oligarchie finanziarie europee sta affamando i comuni siciliani.
Mai si era visto un Presidente della Regione affidare le chiavi di enti economici e assessorati ad una lobby, quella di Confindustria Sicilia, che non ha consenso elettorale, non rappresenta il tessuto imprenditoriale dell’Isola e che si fa i fatti suoi, nel nome della propaganda antimafia.
Il tutto, tranne rare eccezioni, con una opposizione talmente tiepida da risultare connivente.
Questi sono tutti segnali di una decadenza della politica siciliana davvero allarmante.
Stessa musica per i politici siciliani a Roma. Rispondono alle segreterie nazionali. Costi quel costi al popolo che, purtroppo, li ha espressi.
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