A sviscerare luci e ombre di formati ormai da tempo riconosciuti come veicoli di cultura, al pari di letteratura o cinema, è Salvo Di Marco, uno dei direttori della Scuola del fumetto di Palermo, intervenuto all'EtnaBook 2019. «Strutturalmente sono identici»
Fumetto e graphic novel, arti al servizio di tutte le storie «Veri linguaggi che avvicinano il lettore ai propri eroi»
Si è tenuto ieri a Catania, in occasione di EtnaBook 2019, salone internazionale del libro con sede nel capoluogo etneo, un incontro con la Scuola del fumetto di Palermo, dal titolo Graphic Novel e Fumetto: l’arte sequenziale al servizio di tutte le storie. Presente all’incontro uno dei direttori della scuola,Salvo Di Marco, che ha affrontato il tema del linguaggio nell’arte sequenziale partendo dall’antifascismo, tema della manifestazione in corso dal 19 al 21 settembre, per mostrare come, al di là del concetto di romanzo grafico, il fumetto sia da anni un veicolo di cultura. E che, in quanto linguaggio, ricorre allo stesso registro tecnico a prescindere dalla propria natura, sia esso il Topolino da edicola o una graphic novel da libreria.
L’intervento di Salvo Di Marco parte ovviamente da Maus, la graphic novel di Art Spiegelman del 1986, vincitrice dello Special Award del Premio Pulitzer. Uno dei romanzi grafici più osannati del secolo, nel quale l’autore rielabora i racconti del padre, deportato presso il campo di concentramento di Auschwitz, animalizzando i protagonisti per raccontare l’orrore della prigionia, usando il rapporto tra topi, rane, cani e gatti come metafora dell’umanità e della guerra. Maus è un’opera fortemente autobiografica, nella quale Spiegelman esprime la propria sensazione di inadeguatezza e una profonda inquietudine nei confronti del padre e dell’impossibilità di comprendere pienamente le conseguenze psicologiche della prigionia sofferta da quest’ultimo. Partendo dalla costruzione di Maus, nel disegno come nella scrittura, Di Marco mostra come «analizzando il linguaggio tecnico e l’applicazione di quest’ultimo, superando le differenze stilistiche e contenutistiche sull’argomento trattato, esattamente come avviene nel campo del romanzo, possiamo notare come non sussistano differenze oggettive nella costruzione della graphic novel rispetto a quella di una storia legata a Topolino», osserva il direttore della Scuola del fumetto.
«Da sempre, qualsiasi forma di linguaggio viene assimilata culturalmente e adattata alle esigenze narrative degli autori, nonché a quelle della società in cui si inserisce – continua -. In questo senso il fumetto non fa eccezione e per questo motivo, ad uno sguardo analitico, il fumetto commerciale e una graphic novel risultano strutturalmente identici. In questa disamina siamo partiti da Maus arrivando allo sviluppo del graphic journalism, evoluzione culturale della graphic novel voluta, come lo stesso romanzo grafico rispetto al fumetto, da chi ha sentito il bisogno di nobilitare un certo tipo di prodotto permettendo alla gente di avvicinarsi al mondo dell’arte sequenziale, legittimando la lettura da parte dell’adulto a prescindere dalla natura intrinseca del prodotto. Tuttavia, una graphic novel è un fumetto, in tutto e per tutto».
«Editori come Becco Giallo, Rizzoli/Lizard, Coconino, Tunuè e ultimamente Feltrinelli, che hanno introdotto sul mercato italiano il concetto e il formato della graphic novel, hanno superato il concetto stesso di romanzo grafico avvicinando il lettore ai propri eroi. Iniziando a editare opere di graphic journalism sulle biografie a fumetti di personaggi importanti quali Marco Pantani e Peppino Impastato, o inchieste sui grandi temi della contemporaneità, come Salvezza», precisa Di Marco. Sottolineando come, a prescindere dalla nomenclatura adottata, quello del fumetto sia un linguaggio ormai strutturato e introiettato nella nostra cultura, usato per veicolare temi fondamentali tanto quanto informazione e puro intrattenimento, al pari della letteratura o del cinema.