Presentato in anteprima al Monastero dei Benedettini, U stisso sangu, un documentario di Francesco Di Martino e Sebastiano Adernò sul viaggio, lapprodo e la difficile integrazione dei migranti sullisola- Una ronda per difenderci dalle ronde
Frontiera Sicilia
Raccontare l’emigrazione dalla Sicilia che, da luogo di partenze, s’è trasformata oggi in frontiera: è il tema di “U Stissu Sangu” (storie più a sud di Tunisi), un documentario di due giovani isolani proiettato per la prima volta qualche giorno fa al Monastero dei Benedettini
Alla presentazione e al successivo dibattito, insieme ai due autori Francesco Di Martino e Sebastiano Adernò, erano presenti Nunzio Famoso, preside della facoltà di Lingue e Letterature straniere, Hassan Maamri, responsabile immigrazione Arci Sicilia, Mandaye Gueye, Arci Catania e Alfonso Di Stefano, Rete Antirazzista siciliana.
Le riprese del film seguono le vicende degli immigrati: il viaggio su barconi consunti dai Paesi del Nord Africa, l’approdo sulle coste siciliane e la difficile prova dell’integrazione.
Una voce spezzata dal dolore, che racconta le vicissitudini avvenute prima e durante il viaggio della speranza (dalla Libia verso l’Italia), accompagna le immagini dei protagonisti che si susseguono in tutte le tappe affrontate. La prima si apre a Portopalo di Capopassero. Un pescatore canuto del luogo, portavoce del malcontento degli abitanti, commenta candidamente, lasciando poco spazio al beneficio del dubbio, i comportamenti dei migranti che di tanto in tanto, secondo lui, si sbronzerebbero vicino alla sua barca. “Se non fosse per i marocchini, qui sarebbe tutto pulito. Lasciano per terra le bottiglie di birra vuote creando un macello. Sono tanti. Qua siamo più a sud di Tunisi!” sbotta. E in effetti, così come spiega un giornalista locale, sono molti gli immigrati che sbarcano al porto. Le barche in cui sono stipati sono in realtà dirette a Lampedusa.
Spesso però perdono la rotta, ritrovandosi così nei pressi delle coste siracusane. Le carrette vengono poi individuate dalla Guardia Costiera o dai pescherecci che si trovano nei paraggi. Molti di loro, secondo quanto testimoniano i compagni di viaggio, muoiono prima d’essere soccorsi. Invece i superstiti vengono trovati in stato di disidratazione. Successiva tappa delle telecamere degli autori è poi Caltanissetta, e più precisamente il centro accoglienza di Pian del Lago che ospita gli extracomunitari recuperati in mare. Non tutti però. Infatti fuori dai cancelli vi sono degli afghani stravaccati a terra e appoggiati alle ringhiere. I responsabili del centro non li hanno fatti entrare. “Non ci vogliono. Gli altri sono dentro, noi qui fuori da giorni”, si lamenta uno. La gente porta loro del cibo e dell’acqua. Altri invece li ignorano, come si ignorano i cani randagi stesi sui marciapiedi.
Le riprese continuano trasferendosi a Cassibile, all’interno di una tendopoli, allestita dalla Croce Rossa, che ospita una moltitudine di disperati assoldati dagli agricoltori per raccogliere le patate e le fragole nei campi. “Nel periodo che va da febbraio a giugno, si concentrano tutti qui creando problemi di convivenza” spiega un abitante. E catturano scorci delle loro giornate trascorse sotto il sole, affiancati da cassettine di plastica rosse dove depositano le patate appena strappate alla nera terra. “Oggi nessuno più vuol lavorare nei campi. Loro sono la nostra unica risorsa” afferma un giovane agricoltore. Le tende non sono sufficienti per tutti. Così alcuni ‘occupano’ le campagne vicine. Come un gruppo di somali sfrattati da una tendopoli e accampati nelle terre del Marchese di Cassibile. Giovani che vorrebbero vivere “una vita vera”, ma che invece sono costretti a dormire sotto gli alberi, sdraiati su brande raccattate nelle discariche. E cucinano bruciando i rami dei loro“tetti” provvisori. Ovviamente non sono tollerati dal proprietario e la loro presenza è continua fonte di tensioni. Ma il suo spirito umanitario, almeno stando a quello che rivela il portavoce della Cri, è più forte dei fastidi che gli recano.
Tappa conclusiva, infine, è Modica. Qui alcune donne, anche loro somale e richiedenti asilo, spiegano i motivi per cui hanno abbandonato il loro paese d’origine. Colpisce la grinta che traspare dalle lacrime di una di loro: “Quando potrò tornare nel mio paese, girerò un video per testimoniare le torture che siamo costretti a sopportare”. Si succedono le immagini della commemorazione dei morti di Vendicari e le parole di Rachida, marocchina integratasi a Marzamemi. Tutte testimonianze che trascinano lo spettatore nel cuore della realtà vissuta da uomini e donne di colore e culture diverse dalle nostre. Ma con lo stesso sangue.
Sul sito www.lostessosangue.com è possibile organizzare una proiezione pubblica del documentario o acquistarlo in DVD.