«Ho deciso di raccontare, attraverso una storia d’amore, una figura importantissima, che oltre a stare accanto a Giovanni Falcone è stata a fianco dei minori e determinante nell’attività antimafia». Giornalista e scrittore agrigentino, Felice Cavallaro si concentra sul profilo di Francesca Morvillo, la magistrata morta nella strage di Capaci insieme a Giovanni Falcone e alla scorta il 23 maggio 1992. Francesca, storia di un amore in tempo di guerra, il suo ultimo libro – edito da Solferino, con in copertina uno scatto del fotografo Franco Zecchin -, è dedicato proprio alla donna che, oltre a essere stata accanto a Giovanni Falcone negli ultimi istanti della sua vita, ha avuto un ruolo determinante nel tessuto sociale di quella Palermo che viveva soffocata dalle guerre di mafia e dalle stragi. «Finora, quando si pensa della strage di Capaci, si dice sempre che siano morti Giovanni Falcone, sua moglie e quelli della scorta – afferma Cavallaro ai microfoni di Tuttoapposto su Radio Fantastica – Così sembra un po’ riduttivo. Quando invece parliamo di una magistrata che ha avuto un ruolo importantissimo da giudice per il tribunale dei Minorenni, oltre a essere stata maestra in un doposcuola nel quartiere Borgo Vecchio a Palermo assistendo i figli di coloro che andavano in villeggiatura – come si diceva indicando il carcere – all’Ucciardone – aggiunge – Cecava di raggiungere questi ragazzini che stavano sulla strada. Una cosa che abbiamo visto fare a don Pino Puglisi, a Luigi Ciotti o all’attuale presidente del tribunale dei minorenni di Catania Roberto Di Bella».
Cavallaro ha preso spunto dalla sua conoscenza diretta con Francesca Morvillo e delle esperienze avute con lei dal fratello Alfredo Morvillo e sua moglie Anna Gentile, oltre alla collaborazione del magistrato Giuseppe Ayala e Manfredi Borsellino, fratello di Paolo. «Da ragazzo ho frequentato Francesca, ma soltanto questo non sarebbe bastato – prosegue – occorreva prendere le fila di un amore che sappiamo come finisce ma non sappiamo come si era sviluppato». Un libro con un obiettivo ben specifico. «A 30 anni dalle stragi- precisa lo scrittore – ho cercato di conquistare la platea di giovani che non erano ancora nati: molti sono un po’ distratti, sono incollati a Facebook e magari sanno poco di quanto accaduto. Fino a quegli adulti che hanno rimosso e non ricordano». Cavallaro definisce la sua ultima opera «uno stratagemma» che ha consentito di «raccontare una storia d’amore. quella tra Falcone e Morvillo, per potere passare, pagina a pagina, capitolo a capitolo, a ciò che impedisce a queste vite private di vivere un amore, una vacanza – commenta – perché ogni volta uccidono qualcuno. Fino all’attentato – poi non riuscito all’Addaura – a quel punto la storia d’amore è immersa in una stagione buia».
Francesca, storia di un amore in tempo di guerra vuole essere dunque la storia di una protagonista dell’antimafia, i cui ideali sono comuni a quelli che spingono Giovanni Falcone a operare. «Francesca è stata la donna che insieme a Falcone, Borsellino e il pool antimafia ha seguito il processo Ciancimino, che controllava il borsone pieno di documenti che Falcone portava a casa – fa notare Cavallaro – Non è una figura secondaria. Entrambi provengono da un matrimonio. Lei, a differenza di Giovanni, ha un matrimonio che non è chiuso. Quando Francesca scopre che ha più cose da dirsi con Giovanni che con suo marito cade in crisi, consumerà questo strappo con una sensibilità interiore che io ho cercato di descrivere senza violarla. A fine libro – conclude Cavallaro – racconto dei funerali di Francesca e di Giovanni, in cui era presente anche il primo marito di Francesca, che se era presente accanto a lei fino all’ultimo momento». Lunedì 20 giugno, alle 20, Felice Cavallaro presenterà il suo libro al Palazzo della Cultura di Catania. In quest’occasione sarà presente anche il giudice del tribunale dei Minorenni Roberto Di Bella.
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