Formazione, perché deve restare pubblica

L’interrogativo lanciato da Fabrizio Russo: “Privatizzare i dipendenti e regionalizzare gli Enti?” investe il più generale tema della riorganizzazione della formazione professionale in Sicilia. Il democratico disaccordo manifestato dal lavoratore in riferimento agli Enti inadempienti ed al ruolo della pubblica amministrazione necessità di alcuni chiarimenti.

Iniziamo col dire che il contratto collettivo di lavoro, più volte richiamato in decine di articoli precedenti da questo giornale, è un patto sottoscritto in Sicilia non solo tra le Associazioni degli enti formativi e le organizzazioni sindacali, ma anche dalla Regione siciliana (accordo trilaterale). È sufficiente ricordare l’accordo 1994/1997 (richiamato nei successivi rinnovi fino all’attuale) che stabilisce, per esempio, una procedura di mobilità – cosiddetta interna al sistema – che garantisce i livelli occupazionali anche in presenza di Ente definanziato.

Era l’amministrazione regionale ad occuparsi del ricollocamento del personale in esubero, previa riqualificazione, presso altro Ente formativo. Eppure sono anni che l’amministrazione regionale disattende la previsione “pattizia”, oltre che l’art. 2 della legge regionale 25 del 1 settembre 1993. È il periodo in cui strombazzava il famigerato trio delle meraviglie LAC (Lombardo, Albert, Centorrino) e le sigle sindacali, non tutte, sottoscrivevano il cosiddetto accordo per la “buona formazione”.

Qualcuno potrebbe obiettare che la disciplina sulla mobilità interna sia venuta meno con l’entrata in vigore della legge regionale n.10 del 7 giugno 2011. Legge che, ricordiamo, ha introdotto nel settore della formazione professionale la mobilità per il licenziamento, disciplinata dalla legge 223 del 23 luglio 1991. Ma sappiamo anche che su questa partita i giochi sono aperti, se è vero che le leggi regionali precedenti alla 10/2011 sono rimaste in vigore. Ed è in vigore anche l’art.132 della legge regionale 4 del 16 aprile 2003 che ha istituito il Fondo di garanzia. Strumento a sostegno del passaggio con riqualifica professionale dei lavoratori da un Ente definanziato ad altro.

Eppure oggi il quadro regionale ci dice di circa 600 lavoratori già licenziati ed altri 400 a rischio di uscita definitiva dal settore. E poi caro Fabrizio Russo, se proprio dobbiamo dirla tutta, chi ha violato il contratto collettivo di lavoro è stata la Regione siciliana. Vediamo perché.

In sede di programmazione degli Avvisi 1 e 2 relativi al finanziamento delle politiche attive del lavoro (Sportelli Multifunzionale e Sportelli Scuola) l’amministrazione regionale non ha riconosciuto gli istituti contrattuali cardine del Contratto collettivo di lavoro: malattia, ferie, permessi sindacali, permessi studio), recentemente riconosciuti con provvedimento dell’autorità di gestione del Fondo sociale europeo, la dirigente generale del settore, Anna Rosa Corsello. Argomenti più volte affrontati da LinkSicilia, giornale che quotidianamente offre uno spazio di confronto sul settore entrando ‘dentro’ i fatti amministrativi.

Se il disaccordo riguarda la nostra idea circa il rispetto del contratto di lavoro, Fabrizio Russo sa come ci siamo schierati più volte e apertamente in favore del rispetto delle leggi. La questione è altra. Il precedente Governo regionale ha praticato una sequela di provvedimenti amministrativi per spingere il settore verso una forma di privatizzazione. Anche qui non va fatta confusione. La Regione siciliana ha precisi compiti istituzionali che esplica direttamente o attraverso soggetti esterni all’alveo pubblico. La formazione professionale, come l’istruzione, è attività istituzionale a tutti gli effetti. Il direttore di LinkSicilia ha ben precisato il senso di “vita pubblica”. E la formazione professionale deve restare pubblica.

Allora dobbiamo capirci. Il Governo Lombardo cosa ha privatizzato, la formazione professionale o gli Enti formativi? La risposta appare scontata, atteso che, indipendentemente, dalla forma giuridica gli Enti formativi sono soggetti privati. E allora diciamo con coraggio la verità. Il trio LAC, con il Pd al Governo, ha privatizzato un settore centrale della vita pubblica siciliana: la formazione professionale.

Torniamo quindi alla vecchia questione degli Enti strumentali accantonata da Lombardo. Il requisito è stato introdotto dalla lettera c) dell’art. 4 della legge regionale 24 del 6 marzo 1976 che si richiama: “L’ Assessorato regionale del lavoro e della cooperazione attua i corsi e le altre iniziative formative avvalendosi… degli Enti giuridicamente riconosciuti o di fatto e delle loro relative forme associative, che abbiano per fine, senza scopo di lucro, la formazione professionale”. E neanche è ammessa confusione nei rapporti tra amministrazione regionale e Enti formativi quando la variabile in gioco è il denaro.

La copertura del Piano regionale dell’offerta formativa è stata sempre garantita da fondi regionali. Ma la legge regionale aveva già introdotto la possibilità di avvalersi di risorse nazionali e comunitarie. L’operazione condotta dal trio LAC con l’Avviso 20/2011 sottendeva proprio l’apertura del sistema formativo regionale a società di capitali all’uopo organizzate. Quindi la carenza di risorse regionali è stata la scusa per privatizzare il settore e autorizzare la scalata di certe società di capitali alla concentrazione di ore e finanziamento nel settore.

L’ex assessore regionale alla Istruzione e Formazione Professionale, Mario Centorrino, nell’accordo sulla “buona formazione”, ha dedicato un paragrafo alla costituzione dei cosiddetti “Poli formativi”. Altro non erano che aggregati di potere politico finalizzati a governare e controllare i flussi finanziari (e un certo clientelismo) nel settore della formazione professionale. E che flussi! Basti pensare allo stanziamento di circa 900 milioni di euro per il piano triennale, il già citato Avviso 20/2011. Progetto politico del trio LAC contrastato apertamente da questa testata giornalistica in diversissimi articoli.

Allora caro Fabrizio Russo dobbiamo intenderci e capire cosa fare da grandi. Le regole del Fondo sociale europeo sono rigide e non ammettono errori. Se partiamo dall’assunto che gli Enti formativi, operanti attraverso l’Avviso 20/2011 sono aziende private – e lo sono – non dobbiamo scandalizzarci se 600 lavoratori sono stati licenziati, se sono stati assunti 2 mila lavoratori nell’ultimo mese, se l’amministrazione regionale si tiene fuori dall’emergenza sociale. La retribuzione è un obbligo, questo è vero, come lo è il mantenimento della regolarità contributiva. Su questi temi non serve il confronto basta la norma di legge.

Una curiosità, però, emerge. Se una azienda privata investe organizzando i propri mezzi in un “affare” per l’ottenimento di un utile, assume anche il rischio d’impresa. Caro Fabrizio Russo ma qual è il rischio d’impresa di una srl che ha ottenuto 25 milioni di euro di finanziamento dall’Avviso 20/2011? Nessuno o quasi. Eppure mi pare di capire che vi sia uno sbilanciamento nella composizione degli Enti gestori dell’Avviso 20/2011. Insistono contemporaneamente società di capitale, associazioni e Enti senza finalità di lucro. Cosicché per una spa o per una srl, che lucrano su altre attività economiche, anticipare le risorse per il Documento di regolarità contributiva (Durc) e per gli stipendi è cosa possibile. Mentre per gli altri, che operano esclusivamente nel settore della formazione professionale, il pagamento delle retribuzioni è condizionato dall’ottenimento del finanziamento da parte dell’amministrazione regionale. Una disuguaglianza? Può darsi.

L’unico obbligo è quello di raggiungere l’obiettivo fissato dall’Unione Europea e che giustifica l’utilizzo delle risorse comunitarie: l’effettuazione del corso di formazione e la presenza effettiva degli allievi in classe. Questo è l’unico controllo praticabile per non incorrere nella revoca del finanziamento. E non crediamo neanche che il Governo di Rosario Crocetta e Nelli Scilabra stia ben operando perché, nella fretta di fare pulizia, rischia di perdere la direzione di marcia.

Non è per mancato rispetto del contratto collettivo di lavoro in tema di livelli occupazionali che si gioca la partita con l’Unione Europea. Ma semmai sulla correttezza delle procedure e sulla reale effettuazione dei corsi di formazione.

LinkSicilia resta fortemente convinta che la formazione professionale è settore centrale della vita pubblica siciliana e dovrebbe essere ricondotta all’interno della normativa regionale, salvaguardando in tal modo i livelli occupazionali.

 


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