Formazione/Obbligo di assunzione =12 mila occupati? Ma quando mai…

Con la formazione professionale in Sicilia, secondo il Governo regionale, troverebbero occupazione oltre 12 mila giovani allievi/disoccupati. E’ proprio cosi? Per sindacati e associazioni degli Enti non è proprio così. Che strano però: quasi quasi l’amministrazione regionale si vorrebbe sostituire agli imprenditori e spalleggerebbe Confindustria Sicilia nell’affannosa ricerca di occasioni di lavoro.

Così scatta l’ennesima contestazione sulle nuove disposizioni per l’accreditamento. Pomo della discordia il tasso di occupazione, contenuto nell’Allegato A alle citate “Disposizioni” che, a parere di sindacati dei lavoratori ed enti formativi  sarebbe stato introdotto unilateralmente. Decisione che rischierebbe di mettere in ginocchio il sistema formativo. Ci risiamo, quindi.

Non si arrestano, infatti, le polemiche intorno alle nuove regole sull’accreditamento degli enti formativi, pubblicato dall’assessore regionale alla Formazione professionale, Nelli Scilabra, lo scorso 24 luglio.

Dopo l’introduzione, fuori dalla concertazione con le parti sociali, della revoca dell’accreditamento in caso di liti e contenziosi con l’amministrazione regionale come indicato nell’articolo 11, lettera i), si scopre un altro “inghippo”.

Ad alzare il polverone questa volta l’introduzione unilaterale, da parte del Governo regionale, dell’obbligo per gli Enti formativi di garantire l’occupazione almeno al 30 per cento degli allievi che hanno conseguito l’attestato.

Significherebbe che almeno 12 mila allievi dovrebbero trovare collocazione attiva presso un’azienda. Un gran cosa se fosse vera. Peccato che il Governo regionale dimentica che siamo in Sicilia e non in Emilia Romagna e non siamo di fronte ad un trend di crescita dell’economia siciliana tale da far pensare a siffatta robusta occupazione.

Questo almeno sarebbe l’intento del Governo regionale che con l’introduzione del tasso di occupazione pari al 30 per cento risolverebbe in parte l’atavico problema del posto di lavoro. La verità non appare questa però: forse l’Esecutivo mirerebbe a dare una mano d’aiuto agli “amici” di Confindustria, alle prese con l’incapacità di far impresa e quindi occupazione? Se così, non sarebbe più facile assegnare direttamente a Confindustria la gestione dell’intero sistema formativo siciliano?

Prescindendo dai toni polemici per una scelta contestata dalle parti sociali e difficilmente attuabile alle odierne condizioni del mercato del lavoro siciliano, proviamo ad approfondire la questione.

Il punto interessato dalla polemica è il D.7 “Tasso di occupazione”, previsto nell’Allegato A alle “Disposizioni per l’accreditamento degli organismi operanti nel territorio della Regione siciliana” tra i requisiti per l’accreditamento”, alla voce D) Tassi di efficacia ed efficienza.

L’indicatore  precisa che il tasso di occupazione è relativo a “Incremento delle possibilità occupazionali degli allievi dopo un anno dalla conclusione dei corsi rispetto al parametro: Assorbimento occupazionale annuo delle classi di età 17/32 anni/forza lavoro delle classi di età 17/32 anni”.

Precisiamo da subito che, il controllo sul tasso di occupazione resta saldamente nelle mani dell’amministrazione regionale, la quale ha deciso che il parametro, “ assorbimento occupazionale per fascia di età/forza lavoro per fascia di età”, verrà fornito annualmente dall’Amministrazione unitamente al valore di soglia minima.

Questo Governo regionale e il presidente della Regione, Rosario Crocetta, pare si siano convinti che il settore della Formazione professionale per continuare ad esistere abbia l’onere di dovere offrire opportunità di effettiva occupazione. È il caso di ricordare che la Formazione professionale non eroga occupazione  nel senso classico del termine, ma rilascia competenze che aiutano il singolo disoccupato a trovare lavoro. E questo può avvenire “facilmente” in un contesto di sviluppo economico.

La Sicilia di oggi è lontana da uno scenario favorevole per l’occupazione, le piccole e medie imprese (PMI) chiudono quotidianamente, le grandi multinazionali hanno già abbandonato l’Isola, il tasso di disoccupazione è tra i più altri del territorio nazionale ( soprattutto per la fascia di giovani e donne), come si può pensare che proprio gli enti formativi, che erogano un servizio in convenzione con la Regione siciliana, debbano fare occupazione.

Eppure il Governo Crocetta ha tirato fuori dal “cilindro magico della Rivoluzione” il tasso di occupazione del 30 per cento. Un’altra perla del “codicillo”? Chissà!

L’unico caso similare è quanto accade in Emilia Romagna, dove le condizione economiche sono diverse, il sistema delle PMI funziona e l’economia è dinamica. Infatti il settore della Formazione professionale incide con un tasso di occupazione intorno al 20 per cento. I sindacati avrebbero fatto sapere che contesterebbero la scelta unilaterale dell’Esecutivo di aver introdotto una percentuale del tasso di occupazione non condivisa, troppo alta, che non trova giustificazione nel contesto attuale dell’economia siciliana e che in assenza di un sistema di verifica e misurazione penalizza il sistema formativo nel suo complesso creando semmai nuova disoccupazione.

Un approccio approssimativo sembrerebbe quello attuato dall’assessore Scilabra e dal suo staff che avrebbe di fatto partorito un modello di accreditamento condiviso a parole con le parti sociali. Pena la modifica unilaterale, in sede di pubblicazione, di diverse sue parti. E sarà peraltro la stessa amministrazione regionale, per esempio, che potrà decidere di cambiare (a piacimento?) la percentuale minima di occupati su base annuale. Fatto che lascia perplessi i tanti addetti ai lavori. Inoltre, non viene chiarito dall’amministrazione regionale con quali criteri e con quale approccio si procederebbe alla scelta di una percentuale inferiore o maggiore. Il 30 per cento previsto nelle citate “Disposizioni”, del resto, non è dato sapere da quale studio specialistico venga fuori.

Ed è un aspetto non di poco conto se si guarda a quanto accaduto. Chiariamo.

Il punto relativo all’introduzione di un tasso minimo di occupazione era stato oggetto di confronto e dibattito tra il Governo regionale e le parti sociali. Un momento di sintesi lo si era pure trovato. Infatti, per i sindacato confederali di categoria Flc Cgil, Cisl Scuola e Uil Scuola, il parametro individuato era inferiore al 30 per cento e strettamente legato, nella sua misurazione ed applicazione, al trend di sviluppo in Sicilia. Anche le associazioni datoriali erano su questa linea di pensiero. E invece il Governo regionale prima si è accordato in una maniera e poi nella “notte dei consigli, nelle stanze dei bottoni” ha cambiato contenuto. Un bel  modo di gestire le relazioni sindacali.

Il mancato rispetto di tale tasso quali effetti provocherebbe in capo all’ente di formazione? Quale la sanzione? Ve lo diciamo.

La retrocessione dell’ente formativo in Serie B. Che significa? Semplice, l’ente che non sarà stato in grado di trovare lavoro al 30 per cento degli allievi, perderebbe la tipologia di accreditamento cosiddetto “Standard” per scivolare in quella cosiddetta “di base”, come previsto dall’articolo 8, punto b) delle Disposizioni 2013 per l’accreditamento”. Quali le conseguenze per l’ente formativo? Che a seguito del mancato rispetto del parametro di occupazione del 30 per cento degli allievi, verrebbe autorizzato dall’amministrazione regionale  ad espletare solamente un monte orario massimo di mille e 800 ore.

Un taglio mortale di ore per  quegli ente titolari di un maggior numero di ore formative, con conseguenze sociali devastanti. I dipendenti verrebbero in proporzione al taglio delle ore licenziati o posti in mobilità senza copertura reddituale (fondo di garanzia di cui all’articolo 132 della legge regionale n.4 del 16 aprile 2003 è insufficiente). Ad ogni buon conto, riportiamo il contenuto del punto b) del citato articolo. “L’accreditamento di base avrà un ambito di attività limitato rispetto a quello standard e . pertanto gli organismi con accreditamento  di base potranno espletare attività, nel corso della stessa annualità, per un monte ore non superiore a 1800.”.

E in tutta questa querelle sulla materia del lavoro, Ester Bonafede, assessore con delega proprio al Lavoro, cosa fa? Sembra che coerentemente con l’atteggiamento tenuto ad oggi, abbia deciso di starsene in disparte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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