Forconi e mafia? Lo Bello aggiusta il tiro

Ivano Lo Bello, presidente di Confindustra Sicilia insiste. E torna a ribadire che dietro il Movimento dei Forconi siciliani c’è la mafia. Lo ribadisce in un’intervista pubblicata oggi da Affaritaliani.it. Torna a parlare del presunto rapporto tra ‘cosa nostra’ e la protesta che va in scena in questi giorni in Sicilia. Con una presenza mafiosa che definisce “evidente”. Ma aggiusta il tiro. Salvando “tante persone per bene e in buona fede che sono andate in piazza e per le strade”.
La cosa ci conforta: il presidente di Confindustria Sicilia, la cui vera attività imprenditoriale non è la produzione di biscotti di famiglia, ma la fabbrica di patentini antimafiosi, salva almeno la parte popolare della protesta. Meno male: quanto meno, nella Sicilia che Lo Bello guarda dall’alto, non tutti i siciliani sono mafiosi. E questo, detto dagli industriali siciliani, che ormai sono diventati il “verbo”, anzi, “la via, la verità” e, magari, anche la “vita” è una grande cosa. Se non altro perché chi ha preceduto Lo Bello ai vertici di Confindustria Sicilia è stato allontanato indovinate per quale motivo? Per ‘beghe’ mafiose.
L’intervistatore fa notare che, in effetti, non tutti i protagonisti della protesta di popolo della Sicilia l’hanno presa bene quando hanno sentito Lo Bello che parlava di “infiltrazioni mafiose” nel Movimento dei Forconi. “Purtroppo è vero – ammette Lo Bello -. Hanno reagito con rabbia a quello che abbiamo detto. La gente non ha capito e ha pensato che Confindustria li stesse attaccando. Invece noi siamo con loro, per questo vogliamo difenderli da chi porta la loro protesta verso un epilogo molto diverso”
Ragazzi, la notizia è che anche Lo Bello – ed era ora! – si è convertito alle regioni della protesta. Evviva. Però il presidente degli industriali siciliani, che nei ritagli di tempo si occupa anche di storia, ci spiega che in Sicilia, “quando c’è un movimento di protesta, la mafia ci si inserisce sempre. E porta le istanze sociali che, di base, molto spesso sono giuste, in una direzione reazionaria”.
Oltre ai soliti luoghi comuni, dei quali Lo Bello, anche per la parte che si è ritagliato, non può fare a meno, nella sua intervista ci sono spunti interessanti. Come quando parla della mafia imprenditrice, molto presente, a suo dire, dalle parti di Catania. Mafia imprenditrice che va combattuta con “sanzioni sociali”: per questo, precisa Lo Bello, “Confindustria mette alla porta tutti gli imprenditori collusi o che pagano il pizzo, anche senza aspettare la condanna penale definitiva”.
In questo caso, siamo perfettamente d’accordo con lui: sia nell’analisi, sia nei rimedi. E siamo d’accordo con lui anche quando analizza lo stato di salute della Sicilia. Una terra che, dice Lo Bello, “sta molto male”.
“La Sicilia – aggiunge – in questi ultimi anni ha un problema di crescita strutturale rilevante: il Pil è tornato ai livelli di metà anni ’90: e questo è dovuto al perpetuarsi di un sistema assistenziale e clientelare però senza risorse, che oggi non ci sono più”. Tutto ciò, conclude Lo Bello, “crea degrado e recessione stabile”.
Ecco, quando il numero uno degli industriali siciliani lascia perdere la povera gente e si concentra sulle cose serie dice cose giuste.

 

 


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