Foce del Nocella tratto di mare peggiore del Palermitano «Nonostante le denunce la situazione stenta a cambiare»

La spiaggia più inquinata del Palermitano, secondo il report annuale di Goletta Verde, è quella dove sfocia il fiume Nocella, all’interno della splendida Baia di San Cataldo, tra i territori di Terrasini e Trappeto, in quello segnalato come uno dei nove tratti di mare più inquinati dell’intera Sicilia, dove i campionamenti fatti dalla nave di Legambiente hanno dato dei risultati che vanno oltre i limiti di legge. Nulla di nuovo sotto al sole, più e più volte il fiume Nocella, nel suo tratto conclusivo, è saltato agli onori delle cronache per il forte inquinamento delle acque che riversa in mare, basti pensare alla marea nera che ha portato con sé una valanga di fanghi e pesci morenti non più di tre anni fa. Un problema a cui negli anni si è cercato di porre rimedio in qualche modo, ma le soluzioni di volta in volta trovate dalla Regione o addirittura dalla procura di Palermo, non sempre hanno portato i risultati sperati. 

«Si tratta di una problematica lunga 40 anni, tra l’inquinamento della distilleria Bertolino, condannata a pagare dopo che sono state riscontrate delle responsabilità e altre problematiche legate al malfunzionamento di alcuni depuratori, con il caso che ha portato al commissariamento di Amap – dice a MeridioNews Francesco Loria, presidente dell’associazione Baia di San Cataldo, che da qualche anno si batte per restituire dignità e decoro al litorale – Il vero problema del fiume Nocella, però è il tratto finale, quando si incontra con il torrente Puddastri. Per noi è una gravissima perdita che colpisce l’intero hinterland, un brutto biglietto da visita il divieto di balneazione in una zona dal grandissimo valore storico, paesaggistico e naturalistico».

«Vedere ancora una volta i risultati delle indagini di Goletta Verde di amareggia – continua Loria – Trovare una soluzione alla problematica del depuratore di Partinico non è risolutivo, bisogna ancora indagare a fondo. È un lavoro che dovrebbe svolgere Arpa, che tuttavia non riconosce il torrente Puddastri come corpo idrico».  E proprio il torrente Puddastri è stato più volte il maggiore indiziato dopo i riversamenti in mare di fanghi e sostanze inquinanti provenienti dal Nocella. «Nel 2018 ci fu un gravissimo sversamento di fanghi esausti che macchiò di nero tutta la baia – dice ancora l’attivista – L’assessore regionale Cordaro, spinto anche dal ministro dell’Ambiente dell’epoca, era giunto alla redazione di un decalogo da seguire obbligatoriamente per cercare di capire da dove provenisse l’inquinamento della foce del Nocella e non se n’è mai fatto nulla. Il poco che è stato fatto è stato grazie a un’indagine della procura».

Tra i punti essenziali di quel decalogo c’era quello che prevedeva una bonifica di parte del torrente Puddastri per trovare e identificare eventuali inneschi illeciti. «Siamo una piccola associazione, anche se ci facciamo sentire – prosegue il presidente – Non abbiamo prove o strumenti per dimostrarlo, ma siamo convinti che in quel tratto del torrente qualcosa non funzioni, che qualcuno sversi lì il materiale di risulta dagli spurghi dei pozzi neri, che abbondano nella zona. Ne siamo convinti. Va ripreso in mano quel decalogo, quei dieci punti stilati minuziosamente per capire e identificare le responsabilità dell’inquinamento della tratta fluviale del torrente Puddastri. Tutto quello che accade, l’inquinamento che riscontriamo in foce, a un migliaio di metri dalla foce, in contrada coda di Volpe, dove c’è la confluenza del fiume Nocella e il Puddastri, non si verifica: la flora è rigogliosa, la fauna acquatica è presente, c’è una situazione di discreta salute. Al contrario, nel torrente Puddastri le acque sono sempre scure e maleodoranti, ricche di sostanze tensioattive. E come la situazione rimanga la stessa nonostante le denunce firmate e gli esposti fatti proprio non me lo spiego, siamo di fronte a un muro di gomma».


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