Fleri, il paese dalla seconda vita antisismica Così si è ricostruito dopo il terremoto dell’84

«Chiunque dica che le case qui sono abusive afferma una buffonata». Il sindaco di Zafferana Etnea Alfio Russo è categorico. Rispondendo alle dichiarazioni di Paolo Berdini, ex assessore all’Urbanistica del Comune di Roma nella giunta di Virginia Raggi, che intervistato ai microfoni di Radio anch’io ha detto: «Al terremoto hanno reagito peggio le case moderne, quelle del Novecento… Soprattutto quelle sparse in campagna, in gran parte abusive perché siamo in Sicilia». Un’affermazione inserita in un lungo speciale sul sisma delle 3.19 del 26 dicembre, quando una scossa di magnitudo 4.8 e un chilometro di profondità ha fatto tremare l’intera provincia di Catania. Facendo registrare i maggiori danni nei Comuni di Zafferana (tra le altre, la frazione di Fleri), Acireale (frazione di Pennisi) e Aci Sant’Antonio (frazione di Santa Maria La Stella). «Abbiamo ricevuto mille richieste di sopralluoghi – spiega il primo cittadino zafferanese – Gli sfollati all’inizio erano 220, via via saranno meno. La città sta reagendo». E può farlo anche perché le case, ricostruite dopo il sisma del 1984, non si sono accartocciate su se stesse. «Se non avessimo costruito bene, a quest’ora piangeremmo i morti», dice un anziano residente.

A casa sua ci sono crepe sulle pareti e cartongessi crollati, ma l’abitazione ha retto. Lui e il figlio adesso puliscono i calcinacci con grande sollievo: «Questa casa era già stata costruita in modo solido prima del 1984 – raccontano – Poi, quando c’è stato quel terremoto, non è successo niente, stavamo bene». Nel 2002, quando il sisma ha gravemente danneggiato il territorio di Santa Venerina, a pochi chilometri di distanza, l’appartamento ha retto un’altra volta. «C’è da dire che in quella circostanza qui non si è sentito fortissimo», precisano. Nella notte tra il 25 e il 26 dicembre le cose, però, sono andate in modo diverso. E il tremore ha spaventato l’intero paese, costringendo i cittadini a uscire da casa e a lasciare abitazioni traballanti. In un caso, un signore anziano è stato tirato fuori dalle macerie di un tetto crollato. «Era una casa vecchia, come erano vecchie quelle che hanno subito i danni maggiori». Le altre sono rimaste in piedi. «Non si può dire che sia andata male – commenta il sindaco Russo – Nelle case sono crollati i tramezzi, cioè le pareti che dividono gli spazi interni».

«Quando abbiamo ricostruito, abbiamo seguito alla lettera i criteri antisismici dell’epoca, in maniera severissima: la normativa è fatta per salvare le vite, non le case. Se non ci sono stati morti, vuol dire che ha funzionato. La struttura plastica di una costruzione può subire un danno, le sollecitazioni sono pazzesche, ma deve tenere al sicuro le persone». A parlare con MeridioNews è Domenico Mazzaglia, geologo originario di Nicolosi ma da oltre un decennio trasferitosi in Canton Ticino. È stato uno dei consulenti del Comune di Zafferana Etnea in occasione della ricostruzione dopo il terremoto del 25 ottobre 1984, quando oltre il 70 per cento delle case di Fleri sono state rase al suolo e la popolazione ha registrato una vittima. «Tutti i progetti provenienti da Fleri sono passati attraverso il Genio civile – spiega Mazzaglia – che è l’autorità di controllo. Non ho la mappatura precisa dei danni dopo il terremoto di Santo Stefano, ma ho visto le immagini e conosco il territorio benissimo». Tra il 1987 e il 1995 ha lavorato alla ricostruzione di oltre 80 edifici a Fleri, Pisano e Sarro, «e una cosa posso dirla: le strutture in cemento armato hanno tenuto. Ho visto le immagini del negozio Non solo carne, che stanno girando tantissimo, e una cosa emerge: la struttura portante è rimasta in piedi. Volendo semplificare, potremmo dire che se non ci fosse stata la ricostruzione post terremoto del 1984, Fleri sarebbe andata completamente distrutta». 

Il terremoto del 26 dicembre è stato più forte di quello di 34 anni fa: all’epoca, secondo quanto riferito dall’Ingv, la magnitudo si era fermata a 4.1. Cioè 0,7 punti in meno di quella segnalata pochi giorni fa. «Perché di alcune case sono crollati i tetti e le altre hanno retto? Il discorso sarebbe molto lungo – replica il geologo – Possiamo dire che ci sono diversi fattori. Uno certamente è dato dalle condizioni geologiche del terreno, e un altro è un dato semplicissimo: ogni terremoto lascia una ferita negli edifici. Se queste ferite non vengono curate, a un certo punto tutto collassa. È per questo che si fa la manutenzione anche in ottica antisismica». Certo è che, negli ultimi 15 anni, la Sicilia in questo senso sembra essere rimasta indietro: «L’università di Catania è al top nel mondo per qualità della ricerca sul tema dell’antisismico, ma tanti studi bellissimi rimangono nel cassetto. Le persone, inoltre, come fanno a pensare a costruire o sistemare nell’ottica della prevenzione dei terremoti se hanno altre urgenze? La questione è politica: non si sono mai fatte politiche serie di carattere ambientale, ci si doveva pensare 50 anni fa». 

Luisa Santangelo

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