L'amministratore di Riscossione Sicilia afferma in una lettera di aver ricevuto un dispositivo di protezione lo scorso 7 marzo. In questi venti giorni lo avrebbe usato saltuariamente, ma adesso lo rifiuta. La comunicazione in una lettera inviata alla prefetta di Catania. «Sono e voglio restare un uomo libero»
Fiumefreddo annuncia di rinunciare a scorta Gli sarebbe stata assegnata venti giorni fa
«Mi rifiuto di vivere in una condizione di limitazione della mia libertà, nel timore che qualcuno possa reagire alle iniziative intraprese». Con queste parole Antonio Fiumefreddo, amministratore unico di Riscossione Sicilia, dà una doppia notizia: che il comitato per l’ordine e la sicurezza della Prefettura di Catania gli avrebbe assegnato il 7 marzo «un dispositivo di sicurezza a tutela della mia persona» e che l’avvocato lo ha rifiutato.
Affermazioni che sono contenute in una lettera che il legale catanese ha inviato alla prefetta di Catania, Silvana Riccio, e per conoscenza al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al ministro dell’Interno, Marco Minniti, al governatore Rosario Crocetta e al procuratore etneo Carmelo Zuccaro. La prefettura di Catania, contattata da MeridioNews, non conferma né smentisce, sottolineando che si tratta di informazioni riservate e che non avrebbero dovute essere divulgate.
«Sono e voglio restare un uomo libero e soprattutto uno come gli altri, come le migliaia di cittadini che ogni giorno semplicemente fanno il proprio dovere», scrive Fiumefreddo che sottolinea come dal 7 marzo si sia avvalso saltuariamente del dispositivo. «Viviamo, infatti, – continua – in una città con un’altissima presenza criminale, così che davvero mi sembra di sottrarre quelle poche forze, di cui disponiamo per assicurare la presenza dello Stato sul territorio, e di distrarle a beneficio della mia persona. Ma penso, soprattutto, che non sia bene far passare l’idea che fare il proprio dovere, come cittadino e come uomo delle istituzioni, debba avere come conseguenza l’allarme per la tutela della persona impegnata. Mi rifiuto di pensare che possa essere così ancora in Sicilia, mi rifiuto di vivere in una condizione di limitazione della mia libertà, nel timore che qualcuno possa reagire alle iniziative intraprese».
L’amministratore di Riscossione cita poi le denunce presentate. «Penso – scrive – che la mia sicurezza derivi dal fatto che chiunque avrà a dolersi o avrà avuto a dolersi delle mie iniziative commetterebbe un tragico errore se pensasse di risolvere il problema facendomi del male, poiché quanto avevo da dire, da fare e da scrivere è già a disposizione delle autorità competenti, con la conseguenza che un minuto dopo che avessi subito un danno sarà ben chiaro dove andare a cercare responsabili e mandanti».