Così la deputata regionale grillina, indagata nell'inchiesta, spiega le ragioni della sua scelta di collaborare con i pm, dopo la pubblicazione dei verbali. Intanto, il procuratore aggiunto Agueci ha reiterato la richiesta di archiviazione dell'indagine a carico di Forello. Il gip dovrebbe decidere entro la settimana
Firme false M5s, La Rocca su Facebook «Riccardo Nuti il regista dell’operazione»
«Nessuno fino ad oggi era a conoscenza delle mie dichiarazioni ai Pm, ai quali ho detto solo ciò che ricordavo dopo 4 anni e mezzo dal fatto, ma visto che il verbale è stato reso pubblico (preciso, non da me) rompo il silenzio. La mia decisione di collaborare è stata dettata non solo dal fatto di essere un deputato del Movimento 5 Stelle, ma prima di tutto dal fatto di essere una siciliana che non sopportava e avrebbe sopportato un atteggiamento omertoso, in particolare davanti un fatto stupido, che non ha leso nessuno e di cui ci si doveva scusare subito». Questo lo sfogo su Facebook della deputata regionale del Movimento cinque stelle Claudia La Rocca, la supertestimone nell’inchiesta sulle firme false alle liste del M5s in occasione delle comunali del 2012. Nelle sue dichiarazioni ai Pm ha puntato il dito contro attivisti e deputati nazionali, indicando in Riccardo Nuti il «referente di tutta l’attività».
I tre deputati indagati, oltre a Nuti, Giulia Di Vita e Claudia Mannino, hanno presentato tempo fa un esposto contro il candidato sindaco Ugo Forello, accusato di avere manovrato La Rocca e poi indagato dalla Procura come atto dovuto. In merito a questo filone delle indagini, proprio questa mattina il procuratore aggiunto Leonardo Agueci ha reiterato davanti al gip la richiesta di archiviazione dell’indagine a carico di Forello. Il gip Lorenzo Matassa, che aveva dovuto fissare l’udienza dopo l’opposizione all’archiviazione delle parti offese, si è riservato e dovrebbe decidere entro la settimana. Il candidato sindaco del Movimento – secondo chi ha denunciato – avrebbe anche vantato rapporti con i pm che conducono l’inchiesta.
«Non so come sia potuto venire in mente ai miei colleghi nazionali di presentare un esposto che metta in dubbio la natura delle mie dichiarazioni ai magistrati – scrive sulla sua pagina Fb La Rocca – non conoscevano il contenuto della mia testimonianza, né sapevano se avevo fatto i loro nomi. Ho riferito solo ciò che ricordavo, senza mentire». Quindi l’accusa: «Diciamo pure che forse qualcuno ha voluto buttarla in caciara per provare a far saltare le comunarie. Un comportamento ingiusto, insensato, ma che per fortuna non ha avuto l’esito sperato». Nella realtà dei fatti, incalza la deputata dell’Ars, «il reato è stato commesso da un branco di ragazzetti, che nell’intento di aiutare qualcuno per un errore commesso nella stampa dei moduli, ha agito nella totale ignoranza e assoluta ingenuità».
Ma, vuole sottolineare la deputata dell’Ars La Rocca, «lo spirito non era quello di un clan malavitoso, nessuno ha inventato firme false, si sono ‘ricopiate’ firme (pur sbagliando) di persone che avevano espresso la volontà di firmare quei maledetti moduli. In tutto questo la perizia grafologica, alla quale mi sono sottoposta, ha riscontrato la compatibilità con mezza firma su 310. Perché come vagamente ricordavo avevo fatto presente che non ero capace a ricopiare e ho aiutato a compilare i campi. Le mani erano tante, come dice la perizia». Tutta questa storia, «questo errore, di fatto è stato strumentalizzato a partire da quelle persone che l’hanno tirato fuori dopo ben 4 anni e mezzo, soprattutto da chi ha conservato nel cassetto quei 5 moduli con le firme originali e le ha tirate fuori al momento giusto, magari manovrato da qualcuno».
«Un atteggiamento meschino, non di certo fatto in buona fede o per amore della verità, non mi risulta infatti che le persone in questione (alcune di loro ai tempi candidate) abbiano sporto denuncia al momento dell’accaduto. Voglio avere fiducia nella Giustizia, solo e soltanto lei, come è indicato nella nostra Costituzione, deciderà se quanto accaduto meriterà una condanna, se sono colpevole». Sono tanti i «rospi» che dice è stata costretta a ingoiare, «come il sapere del vile tentativo di qualcuno di mettere in dubbio la mia sanità mentale, al dovermi sentire una figura scomoda e compromessa». E ancora: «Non dobbiamo nasconderci dietro un dito, siamo alla fine della legislatura, prossimamente si rifaranno le liste per le regionali e ci sono tanti pronti a salire sul carro. Probabilmente non potrò candidarmi, anche se attualmente i miei carichi pendenti e casellario giudiziale sono perfettamente puliti e un codice etico indica i casi di incompatibilità con la carica di portavoce». La deputata ha rivendicato il suo impegno all’Ars e ha concluso: «Sono stata definita pentita o gola profonda, ma nella realtà questo è il lavoro portato avanti in questi anni, questa sono io».