Firme false M5S, spuntano altri indagati Mannino e Nuti non rispondono ai pm

In Procura, a Palermo, è il giorno di Riccardo Nuti e Claudia Mannino. I due deputati del Movimento cinque stelle alla Camera sono indagati per lo scandalo delle presunte firme false durante le elezioni comunali del 2012 nel capoluogo siciliano. Anche a Nuti e Mannino si chiede di ricostruire quella serata in cui, a causa di un errore nell’indicazione del luogo di nascita di uno dei candidati, i documenti necessari alla presentazione della lista furono redatti nuovamente con la copiatura delle circa duemila firme raccolte. Sigle ricopiate, ma, secondo alcune accuse, anche clonate, cioè raccolte in altre circostanze – a sostegno dei quesiti referendari, a esempio – e utilizzate per la presentazione delle liste. Anche Giovanni Scarpello, cancelliere del tribunale di Palermo coinvolto nell’inchiesta per le firme false alla lista grillina delle comunali di Palermo del 2012, si è avvalso della facoltà di non rispondere nel corso dell’interrogatorio davanti ai Pm.  Si trincera nel silenzio pure Francesco Menallo, avvocato e attivista 5Stelle. In tutto gli indagati dalla procura di Palermo sono 13.

È durato una decina di minuti l’interrogatorio della deputata nazionale. Mannino, accompagnata dal marito e dall’avvocato Antonina Pipitone, al suo arrivo è entrata nella stanza del procuratore aggiunto Bernardo Petralia. Al termine, la deputata ha lasciato la stanza ma, al suo posto, è entrato il marito, Pietro Salvino che figura anche lui tra gli indagati. Entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere e la donna si è rifiutata anche di sottoporsi alla perizia calligrafica. Quando la donna ha lasciato la stanza di Petralia, e al suo posto è entrato il marito, ha chiesto ai carabinieri che venissero cancellate le foto scattate dai fotografi presenti all’interno degli uffici della Procura. Mannino raggiunta dai cronisti prima di andar via, si è detta infine «serena». ‎Oltre a Salvino, ci sarebbero altri due indagati: la deputata nazionale Giulia Di VitaRiccardo Ricciardi, marito della deputata nazionale Loredana Lupo, sentita nei giorni scorsi, però, come persona informata sui fatti. Ricciardi è coinvolto nel caso perché avrebbe materialmente portato in tribunale le firme raccolte. Salirebbe a tredici così il numero degli indagati

Ad arrivare per prima stamane proprio la Mannino insieme al marito. Poi in tarda mattinata è arrivato anche Nuti. Il deputato pentastellato ha raggiunto la stanza del procuratore aggiunto Bernardo Petralia, accompagnato anche lui dall’avvocato Pipitone. Nuti si è trattenuto nella stanza di Petralia per una quindicina di minuti. Al termine è andato via senza rispondere alle domande dei cronisti. Anche l’ex capogruppo alla Camera del M5S si è avvalso della facoltà di non rispondere si è anche rifiutato di rilasciare il saggio grafico richiestogli dai magistrati.

Sabato scorso è stata la volta delle attiviste Samantha Busalacchi, che si è avvalsa della facoltà di non rispondere, e Alice Pantaleone che ha respinto le accuse. Oggi sarà anche il giorno di Francesco Menallo, l’avvocato ormai lontano dal Movimento cinque stelle, anche lui presente durante la presunta ricopiatura, e di Giovanni Scarpello, il cancelliere del tribunale che ha approvato i documenti presentati attestando così l’originalità delle firme. Ancora da decidere, invece, la data dell’interrogatorio di Giorgio Ciaccio. 

Sulla scrivania di Claudia Ferrari e Dino Petralia, i due pm che coordinano le indagini, c’è il risultato del lavoro svolto dalla Digos, le testimonianze di oltre quattrocento persone. Tra queste, centinaia avrebbero disconosciuto la propria firma sul documento presentato in tribunale. Ci sono anche le informazioni apprese dalla collaborazione con la deputata regionale Claudia La Rocca, che ha deciso spontaneamente di parlare con i magistrati raccontando, pare, di avere preso parte alla ricopiatura delle firme – decisione, quella di collaborare, condivisa con gli attivisti Stefano Paradiso e Giuseppe Ippolito, entrambi indagati -. Con lei ci sarebbero state proprio Claudia Mannino e Samantha Busalacchi, l’attivista pentastellata costretta a lasciare il proprio posto da collaboratrice all’Ars a causa dell’indagine. Busalacchi è stata tra i primi indagati ascoltati dai pm sabato. Un incontro veloce in cui si è avvalsa della facoltà di non rispondere. 

Al momento Busalacchi è stata quella a pagare maggiormente il proprio coinvolgimento nella vicenda. Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, l’altro deputato regionale iscritto sul registro degli indagati, si sono prontamente autosospesi dal Movimento, mantenendo comunque il loro posto tra i banchi di Sala d’Ercole. Niente sospensione, invece, per Nuti e Mannino, che non hanno recepito l’invito a mezzo blog di Beppe Grillo e che aspettano una decisione da parte dei probiviri a cinque stelle. Oggi potrebbe essere una giornata decisiva anche in questo senso, perché il mancato passo indietro dei due deputati nazionali non crei tensioni all’interno di un Movimento già abbastanza scosso dalla vicenda e dal caso analogo scoppiato a Bologna, tanto che domenica mattina lo stesso Grillo, sempre tra le pagine del blog, ha parlato di attacco personale. «Dicono che siamo in lite, siamo sciolti – scrive –  che siamo nel caos a Roma, a Palermo, sostengono che alcuni di voi vogliano liberarsi di me, sostengono che dopo le elezioni siamo vittime e carnefici dei più bassi istinti possibili. Immaginano le nostre menti basandosi sul meccanismo psicologico più arcaico e banale di questo mondo: la proiezione. Odiano il frutto del lavoro e dell’impegno: sono i travestiti morali».


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