Foto Michael Panich

Finanziaria. Quinto giorno d’aula, tra riscritture, mediazioni e manine ribelli. La diretta del voto

Ripartiamo da quel «non c’è sintesi» del presidente dell’Ars Gaetano Galvagno. Erano oltre le 3 della notte scorsa quando ha deciso di chiudere i lavori. Una sintesi mancante dopo un’intensa, articolata e belligerante seduta. In realtà dietro a questa affermazione di Galvagno si è celato un problema. E non di piccolo conto.

La manina (di centrodestra) che ha modificato il testo concordato

Il grande contendere della giornata si è rivelato essere l’articolo 11. Quello sugli interventi in favore degli enti locali e sulle riserve ai Comuni. Argomento molto caro a tutti i deputati: sindaci da accontentare e, soprattutto, il proprio bacino elettorale. Quello che, sul territorio, potrebbe permettere di essere rieletti. Dopo il faticoso dibattito in aula era stata concordata una riscrittura. Che è arrivata a notte fonda. Però qualche cosa è andato storto. Perché una manina made in centrodestra – ha inserito qualcosa che non era stato concordato. Qualcosa che ha le sembianze di una corposa mancetta la cui distribuzione avrebbe potuto essere discrezionale: un fondo di circa 22 milioni di euro. Sorpresa dell’opposizione e, soprattutto, del presidente Galvagno. Perché era stato fatto a sua insaputa.

Risultato? Sospesa la seduta e infranto il sogno di Galvagno che anelava chiudere la Finanziaria nella notte scorsa. Riconvocazione per oggi alle 12. Mentre il centrodestra, forse, sta cercando il proprietario della manina e si è reso necessario un ulteriore chiarimento. Dense di difficoltà entrambe le operazioni. E il primo risultato è stato quello di posticipare l’inizio della seduta alle 14.

Galvagno ghost leader

Sembra che FI non stia tollerando le prese di posizione del presidente Galvagno. Pur cercando di svolgere il suo ruolo con la necessaria terzietà, sarebbe proprio Galvagno il ghost leader dell’asse FdI-Mpa con PD-M5S-Controcorrente. Accusato dai forzisti di troppe trattative tra la presidenza e i gruppi di opposizione e innumerevoli concessioni e emendamenti approvati. Mal tollerata anche l’importanza che, in questa occasione, ha ottenuto l’Mpa. Che avrebbe avuto «ben più del dovuto». Come Cateno De Luca che, tra articoli, riserve e tabelle sembra aver saziato (parte) dei suoi appetiti.


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