Festa Unità, fischi e manifesti contro la Buona scuola «Docenti deportati dal Sud al Nord, vogliamo stabilità»

Un boomerang clamoroso. Potrebbe essere descritto in questo modo il giorno dedicato alla scuola e alla ricerca della festa nazionale dell’Unità. Sono stati infatti numerosi i fischi e le proteste che hanno accolto il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone e la responsabile scuola Pd Francesca Puglisi. Entrambi sommersi dalla rabbia delle insegnanti della scuola dell’infanzia provenienti da tutta la Sicilia, dai Cobas e dagli studenti. «Chiediamo diritti, siamo state private di tutto – spiega a MeridioNews una maestra – Quella che viviamo ogni giorno non è sicuramente la buona scuola che dipinge il governo. Chiediamo che la scuola dell’infanzia sia obbligatoria come le altre e di non essere penalizzate. Quest’anno noi precarie che aspettavamo di essere contrattualizzate – conclude –  non abbiamo avuto risposta».

Tutto è iniziato con il presidio con il quale, intorno alle 17.30, docenti e studenti hanno aspettato l’arrivo della ministra Stefania Giannini. Che però, come fanno sapere dall’ufficio stampa del partito, è rimasta ad Amatrice con le popolazioni terremotate. Ed è così che, dopo un attento controllo da parte delle forze dell’ordine schierate all’ingresso di via Etnea della villa Bellini, gli studenti sono stati bloccati mentre le insegnanti hanno avuto più fortuna riuscendo ad arrivare fino al palco del dibattitoCostruire il futuro. Scuola, Università e Ricerca, le riforme che cambiano l’Italia, questo il titolo dell’incontro.

All’appuntamento chiedono di prendere parte anche gli insegnati che, intanto, hanno accerchiato il palco. Possibilità concessa dal partito provinciale che, pur contenendo fisicamente la protesta con l’intervento muscolare di Enzo Napoli e di Francesco Laudani – che hanno creato un cordone soft insieme agli uomini della security privata – ha permesso ai precari di esprimere la propria opinione. Affiancati però dalla Digos e dagli uomini della polizia che filmavano i volti degli insegnanti e dei giornalisti presenti.

Ed è così che, arrivata vicino al panel degli ospiti, una rappresentante dei docenti parla delle conseguenze della riforma della scuola, concentrandosi soprattutto sul futuro occupazionale dei tanti professori del Sud oggi costretti a emigrare verso il settentrione. Domande alle quali hanno provato a rispondere sia il sottosegretario che la responsabile del Pd, sommersi però dai fischi e dai boati provenienti dalla platea. «Abbiamo in eredità graduatorie in cui c’erano il 20 per cento dei docenti provenienti dal sud e l’80 per cento dal nord – risponde dal palco Davide Faraone – e la matematica non è un opinione. Nonostante questo, alla fine vedrete, e prendo su questo un impegno, che le persone che andranno a lavorare al nord sono uguali numericamente agli anni passati. Proprio queste – conclude il sottosegretario –  questa volta però partiranno da insegnanti di ruolo che potranno costruire una vita stabile e potranno poi richiedere di tornare alle loro città d’origine».

«Con la legge 107 abbiamo restituito alla scuola centomila insegnanti con un lavoro stabile – gli fa eco Francesca Puglisi – e avanzato una serie di innovazioni per realizzare il principio che grazie alla scuola si aiuta ogni ragazzo ad essere un cittadino consapevole. Dovevamo combattere la dispersione scolastica e la disoccupazione giovanile avvicinando il mondo della scuola e il mondo del lavoro (alternanza scuola-lavoro, ndr). Noi non vogliamo lasciare nessun ragazzo da solo – specifica ai presenti -. Ogni scuola oggi ha almeno sette insegnanti in più per potenziare l’offerta formativa». 

Ma non sono solo gli spostamenti a preoccupare docenti e studenti che hanno manifestato. «Avremmo voluto dire alla ministra Giannini che questa riforma lede gli studenti e danneggia la scuola pubblica, ultimando il processo di privatizzazione e imponendo le deportazioni dei professori. Siamo qui in presidio – conclude Ludovica, una studentessa – ma andremo in corteo l’ultimo giorno della festa per manifestare il nostro dissenso nei confronti del governo di Matteo Renzi».


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