Nella giornata che celebra le forze dell’ordine, Santina, studentessa del liceo Classico di Gela, si rifiuta di partecipare alla cerimonia come gesto di solidarietà alla famiglia del ragazzo morto nel carcere di Regina Coeli. «Ma siete impazziti tutti o cosa?». Ma gli altri ignorano il caso
Festa delle forze armate dopo la sentenza Cucchi Liceale non ci sta, ma i compagni: «Stefano chi?»
È il 3 novembre quando Santina, studentessa del liceo classico Eschilo di Gela, scrive un post su Facebook: «A pochi giorni dallo scandalo della sentenza sul caso Cucchi, la scuola invita alunni e insegnanti a partecipare a una manifestazione a favore delle forze dell’ordine. Ma siete impazziti tutti o cosa?». A Gela come in tutta Italia il 4 novembre è la festa delle forze armate. In città qualche decina di studenti di qualche scuola (il liceo classico, una classe del pedagogico, le classi della media Giudici e dell’elementare Solito) ha partecipato di mattina ad una messa nella chiesa accanto il Comune. E poi ad un corteo fino all’Acropoli, dove si erge il monumento «ai caduti di tutte le guerre e delle forze armate». Tutto compreso nell’orario scolastico.
Gli studenti hanno svolto la prima ora di lezione, quindi messa e corteo, e poi di nuovo in classe. Erano contenti, i ragazzi. Lo sapevano che si celebrava l’anniversario della fine della prima guerra mondiale, questo sì. Probabilmente gli insegnanti li avevano insufflati a dovere. Presenti quasi tutti e contenti di aver saltato interrogazioni e noiose spiegazioni. Santina invece non c’era. «Io personalmente – dice – non ho capito il senso di tutta questa cosa e non sono andata». Un atto isolato, il suo. In solidarietà a Stefano Cucchi e alla famiglia.
E gli studenti lì presenti? Lo sanno chi era Stefano Cucchi? Le risposte sono state, nella maggior parte dei casi, negative. Perfino la recente sentenza d’appello che ha assolto tutti, agenti e medici, era sconosciuta. E sì che l’informazione ha coperto a dovere la notizia. Un gruppetto aveva una vaga idea di quel che era successo, ma non ricordava il nome. Solo un ragazzo, timidamente, s’è fatto avanti. «Io mi sono fatto un’idea – confida abbassando la voce come se stesse per rivelare un segreto – per me Cucchi è stato, insomma, ammazzato».
Si è detto che Stefano Cucchi con quella sentenza sia stato ucciso una seconda volta. E quante volte muore una vittima che non viene ricordata? Quando suona l’inno nazionale, gli studenti lo canticchiano svogliatamente. Ma lo sanno comunque a memoria. Il presidente del Rotary Club di Gela, recentemente schieratosi a fianco degli operai, prende la parola per un discorso intriso di propaganda e buoni propositi. Appena il tempo di terminare che una scrosciante pioggia fa sciogliere le righe.