I giovani senegalesi che lavorano in corso Sicilia sono coinvolti nella lite che ha catalizzato l'attenzione di tutti i giornali. Raccontano, però, di una provocazione violenta e xenofoba. A cui l'avvocato difensore di Orazio Salice replica: «Loro hanno attaccato un collaboratore del mio assistito»
Fera ‘o luni, la doppia versione sulla maxi-rissa Un unico indagato, si cerca di identificarne altri
Diego vive a Catania da 18 anni e non si chiama davvero Diego. Lo chiamano tutti così da quando si è trasferito nel capoluogo etneo dal Senegal, arrivando in aereo «e non con la barca, per fortuna». Vende occhiali e cinture contraffatti in via Luigi Rizzo, proprio dove il 19 luglio è scoppiata la maxi-rissa tra stranieri e italiani finita su tutti i giornali. «Io ho visto cosa è successo», comincia a raccontare, mentre siede sui gradoni di un negozio all’angolo con corso Sicilia. Non lavora perché lì è pieno di forze dell’ordine: un’auto dei carabinieri, due volanti della polizia, altrettante della polizia municipale. Orazio Salice (classe 1962) è, finora, l’unico indagato per i fatti dei giorni scorsi. L’accusa è di rissa aggravata. Ha una bancarella in cui vende scarpe e al lavoro si è fatto sostituire dalla moglie di un suo amico. «Non so niente – dice lei – Non posso parlare». Le immagini ritraggono Salice mentre sale sul suo furgoncino bianco e ingrana la marcia, proseguendo lungo via Rizzo, prima in avanti e poi in retromarcia. «Stava tentando di scappare, aveva paura», sostiene Dario Mori, l’avvocato che lo difende.
In base alla ricostruzione di un gruppo di senegalesi in corso Sicilia, la rissa è cominciata intorno alle 13.30, nel momento in cui gli operatori della fera ‘o luni iniziano a smontare le proprie bancarelle per portarle via. «Quello ce l’ha con noi da tanto tempo – dicono i cittadini africani – Gli diamo fastidio, ci insulta sempre. Solo lui, con altri italiani va tutto bene, lui ci provoca». Secondo loro, non è solo una questione di «razzismo, è anche perché non girano più tanti soldi: una volta lavoravamo tutti, adesso lavoriamo tutti di meno. Lui vende scarpe, alcuni di noi vendono scarpe, questo non va bene». Salice si sarebbe avvicinato agli stranieri e avrebbe detto loro, piuttosto vivacemente, di andare via. «Un ragazzo non voleva andarsene, lui ha lanciato un pezzo di bancarella – continuano – Stavolta abbiamo risposto». «Per forza, è normale — insiste Diego — Ora però sono due giorni che non lavoriamo». In più devono fare i conti con un clima piuttosto teso: sulla fermata della metropolitana di corso Sicilia gli esponenti del centro sociale di estrema destra Cervantes hanno attaccato uno striscione che recita «‘A fera ‘o luni è dei catanesi». Finché a presidiarla ci sono le forze dell’ordine il problema non si pone, però il timore di alcuni dei ragazzi stranieri è che – ad attenzione calata – possano esserci delle ritorsioni.
«Non sarà facile identificare tutti gli extracomunitari presenti, perché sono abusivi – spiega l’avvocato Mori – La squadra mobile sta tentando di rintracciare anche gli altri italiani». Vero è, concorda il legale dell’indagato, che Orazio Salice aveva chiesto ai senegalesi che occupavano il marciapiede di spostarsi: «Lui stava smontando e ha spiegato che il furgone non riusciva a passare – prosegue il difensore – Loro non hanno voluto spostarsi e hanno attaccato il ragazzo che lavora con l’attuale indagato. Lui è corso in sua difesa e da là si è scatenato un totale parapiglia. Salice stava tentando di difendere il furgone, l’unico mezzo che ha per lavorare, dal video si vede chiaramente. Loro colpivano più volte il veicolo e il mio assistito non voleva rischiare che lo danneggiassero ancora». Ufficialmente non ci sarebbero feriti, ma tra gli uomini senegalesi sembra che uno si sia fatto male a una coscia. Non è chiaro se sia andato o meno in ospedale a farsi medicare, ma il problema di molti giovani stranieri lì al lavoro è il permesso di soggiorno.
«Io vengo qua per lavorare, non do confidenza a nessuno e mi faccio gli affari miei. Problemi, fino all’altro giorno, non ne ho mai avuti», dichiara il titolare di una bancarella regolare che vende articoli da cucina. «Quel giorno c’ero, ma mi sono spaventato del casino e mi sono nascosto sotto al banco. Volavano pezzi di ferro e io a casa ho due bambin, se mi arrivava qualcosa in testa?i». Il tema della motivazione razziale viene escluso categoricamente. «Siamo tutti sulla stessa barca», conclude il catanese. «Razzismo? Sono cose che non fanno parte di lui – commenta l’avvocato Mori – In passato ha anche avuto al lavoro con lui una persona di colore. Non c’era mai stato nessun odio. Ma tanti stranieri occupano abusivamente quei marciapiedi e cambiano di continuo, non sono quasi mai le stesse persone. Magari alcuni sono tranquilli e altri sono più nervosi», conclude il legale. Per molti dei lavoratori del mercato che da piazza Carlo Alberto arriva fino al corso Sicilia, però, la rissa non sarebbe avvenuta se alla fera ‘o luni il personale delle forze dell’ordine fosse sufficiente. «Adesso qua è pieno di polizia – interviene un commerciante ambulante tunisino – Ma normalmente c’è soltanto un vigile e a volte manco quello. Chi fa ordine?».