Rinviato a giudizio il 45enne Massimo Cannone per avere ucciso la moglie Naima Zahir a Lentini (in provincia di Siracusa) nel marzo scorso. Così ha deciso per il tappezziere lentinese il giudice per l’udienza preliminare di Siracusa Francesco Alligo. Cannone è accusato di omicidio volontario aggravato da futili motivi, minorata difesa e premeditazione. La prima udienza sarà il […]
Femminicidio Lentini, il marito è stato rinviato a giudizio. «L’ho ammazzata perché mi sentivo oppresso»
Rinviato a giudizio il 45enne Massimo Cannone per avere ucciso la moglie Naima Zahir a Lentini (in provincia di Siracusa) nel marzo scorso. Così ha deciso per il tappezziere lentinese il giudice per l’udienza preliminare di Siracusa Francesco Alligo. Cannone è accusato di omicidio volontario aggravato da futili motivi, minorata difesa e premeditazione. La prima udienza sarà il 10 marzo davanti ai giudici della Corte d’Assise. Il gup ha rigettato la richiesta presentata dalla difesa del tappezziere di provvedere a una perizia psichiatrica. In maniera contraria si era espressa anche l’accusa, rappresentata in aula dalla procuratrice di Siracusa Sabrina Gambino. L’omicidio risale al 12 marzo dello scorso anno: Cannone, messo alle strette dalla polizia, avrebbe confessato agli inquirenti di avere ammazzato la moglie perché «mi sentivo oppresso, costretto agli arresti domiciliari da lei». Così, quella sera, l’avrebbe ammazzata con una coltellata alla gola mentre la donna era sul letto con gli auricolari alle orecchie.
Zahir, originaria del Marocco ma da anni residente nella cittadina del Siracusano, era stata trovata senza vita all’interno della camera da letto della sua abitazione. In un primo momento l’uomo aveva parlato dell’ipotesi di un suicidio o di un’aggressione da parte di qualcuno che era entrato in casa. Una versione che, si da subito, non aveva convinto gli inquirenti e che l’uomo ha poi ritrattato, confessando di avere ucciso Naima. Ed è stato lui a ricostruire come sarebbero andati i fatti quella sera, a partire dalle due pizze surgelate mangiate insieme alla moglie (con cui era sposato da 25 anni) e al figlio. Cannone aveva inoltre ammesso subito di avere provveduto a pulire tutto il sangue con un mocio, inquinando quindi la scena del crimine. Inoltre, anziché chiamare l’ambulanza per soccorrere la moglie, l’uomo sarebbe andato a bere una birra e poi dal fratello – che avrebbe chiamato il 112 – a cui avrebbe raccontato di avere trovato la donna senza vita appena rincasato.