Nel 2024 sono stati quasi 9,5 milioni i posti letto invenduti (4.283.514 quelli venduti) nelle strutture alberghiere ed extralberghiere di Palermo e provincia, con una perdita di economie – di spesa turistica non generata per il settore della sola ospitalità – di oltre mezzo miliardo di euro (564.107.760). I dati emergono dal report dell’osservatorio sul […]
Federalberghi Palermo: 9,5 milioni di posti letto invenduti, perso mezzo miliardo
Nel 2024 sono stati quasi 9,5 milioni i posti letto invenduti (4.283.514 quelli venduti) nelle strutture alberghiere ed extralberghiere di Palermo e provincia, con una perdita di economie – di spesa turistica non generata per il settore della sola ospitalità – di oltre mezzo miliardo di euro (564.107.760). I dati emergono dal report dell’osservatorio sul turismo delle isole europee (Otie) per Federalberghi Palermo. Il quale è stato presentato oggi a Palermo al tavolo tecnico di confronto sulla destagionalizzazione del turismo, dal titolo Palermo 365, organizzato da Sicilian tourist service (Sts).
Posti letto invenduti e perdita economica generale
Inoltre, considerando l’impatto sulle economie ed i settori produttivi, come ristorazione, commercio, trasporti, cultura e servizi, la perdita di economia potenziale sale a un miliardo di euro. Tra ottobre e marzo del 2024, i posti letto venduti sono stati 1.111.968. Mentre quelli invenduti cinque volte in più (5.711.940), per 342.716.400 euro di valore non colto. Agosto 2024 è stato il mese con il massimo di posti letto venduti (702.210), seguito da luglio (635.130) e settembre (526.901). Il minimo annuale si registra invece a gennaio (94.743).
«Una perdita intollerabile in solo sei mesi. Il punto non è riempire l’estate ma non spegnere il resto dell’anno. Basta con la favola che il turismo va bene perché ad agosto siamo pieni – dice Rosa Di Stefano, presidente di Federalberghi Palermo -. Serve semmai costruire più stagioni, non allungarne una sola, perché la Sicilia non è una destinazione stagionale ma plurale, ed ha turismi diversi». Secondo Federalberghi Palermo, bisogna cominciare a parlare di stagionalità differenziata, opzione da mettere a sistema, che può essere la cura per il settore e l’occasione per aprire le porte del territorio tutto l’anno, non solo nel periodo estivo.
Regolazione dei flussi turistici
«C’è il turismo culturale, che vive benissimo tra ottobre e marzo – continua Di Stefano – e c’è anche il turismo dei city break, dei weekend lunghi, delle 48/72 ore. Gente che prende un volo e vuole una proposta completa, semplice, immediata. E poi, si guardi al turismo congressuale, formativo, universitario: quello che riempie i mesi cosiddetti spalla – continua la presidente degli albergatori palermitani -. Senza dimenticare il turismo dei cammini, dell’outdoor, dei borghi, dell’entroterra e il turismo enogastronomico, che, diciamolo, fuori dall’estate è perfino più autentico. È tempo di vendemmie, di frantoi, di mani sporche di farina, di cucine vere».
Lo studio rivela inoltre il forte sbilanciamento su luglio–agosto dei flussi turistici, con spalle positive a settembre e un marcato svuotamento tra novembre e febbraio. Nei cosiddetti periodi freddi, autunno–inverno, la domanda turistica crolla e alberghiero ed extra-alberghiero si svuotano. «I numeri parlano chiaro – dice Giovanni Ruggieri, titolare della cattedra di economia del turismo all’università di Palermo e presidente Otie -. La sfida non è più riempire l’estate, ma lavorare per creare due nuove stagioni turistiche. Bisogna costruire, insieme, un piano di sviluppo strategico e operativo per creare due stagioni turistiche (autunno e inverno) dove oggi il turismo è assente». Insomma, sarà utile mettere in connessione città e borghi, costa e interno, Palermo e le Madonie, mare e monti.
Federalberghi Palermo ribadisce quindi la necessità di passare da una gestione emergenziale dei flussi a una politica strutturale del turismo. Che sia capace di programmare, integrare e rendere vendibili le stagioni oggi più fragili. La stagionalità differenziata non è una visione astratta, ma una scelta concreta di sviluppo, lavoro e coesione territoriale. Una sfida che richiede responsabilità condivisa, alleanze operative e una regia chiara, perché il turismo non sia più acceso solo per pochi mesi, ma diventi un motore stabile di economia e futuro per tutto il territorio.